Pronti ad intervenire in poche ore: Valtellina e Sarno
Ci sono vicende che segnano la vita di un’azienda e ne plasmano valori e scelte organizzative per sempre. “Siamo sempre pronti ad intervenire, anche in meno di 24 ore, perché frane e dissesti non ammettono ritardi” dichiara Luca Papandrea, Direttore Area Operations di CAE. Per comprendere meglio le origini di tutto questo, torniamo indietro di molti anni e riviviamo gli interventi in emergenza per l’alluvione della Valtellina del 1987 e per la tragedia di Sarno del 1998.
Il disastro iniziò nel tardo pomeriggio del 18 luglio del 1987, quando vi furono le prime frane e i primi smottamenti. Presso il piccolo centro di Tartano, nella bassa Valtellina, ben due alberghi vennero spazzati via da una grande colata di fango e detriti. In questo primo episodio morirono 19 persone.
Più a valle, nella Valtellina ma anche nell’alto bacino del Lago di Como, nell’alta Val Brembana, in Val Camonica, e nella valle dell’Adda, gran parte delle infrastrutture venne rasa al suolo. La distruzione in molti punti della statale SS 38 e della ferrovia rese molto difficili i soccorsi, che avvennero soprattutto in elicottero.
La mattina del 28 luglio, in una Valtellina già in ginocchio per le alluvioni, si verificò la nuova catastrofe: una frana gigantesca, con un volume di oltre 30 milioni di metri cubi, si abbatté sulla Val Pola staccandosi dal monte Zandila. Il disastro, noto anche come frana di “Pizzo Coppetto”, avvenne a pochi chilometri da Bormio. Il paese di Sant’Antonio Morignone e le contrade di Morignone e Piazza vennero completamente distrutte. Questi centri abitati erano stati evacuati e non subirono vittime. La frazione di Aquilone però, che non era stata evacuata perché ritenuta al sicuro, venne devastata dallo spostamento d’aria fortissimo: morirono 22 persone. Ci furono altre 7 vittime, operai che lavoravano al ripristino della statale, ingombra di detriti per gli smottamenti dei giorni precedenti.
L’enorme massa di detriti risalì il versante opposto formando una diga naturale che sbarrò il corso del fiume Adda. Si formò un lago naturale il cui livello cresceva di ora in ora, e che se esondato avrebbe potuto causare un nuovo effetto Vajont riversandosi verso la bassa Valtellina. Venne realizzata in poco tempo un’opera di drenaggio con tubi sotterranei e si evitò il peggio.
CAE, incaricata dalla Regione Lombardia, affiancò la Protezione Civile nell’operazione installando in 8 giorni un sistema di 14 stazioni di monitoraggio che permisero di mantenere costantemente controllata l’evoluzione della situazione, salvaguardando la sicurezza delle popolazioni coinvolte. Per capire la situazione è importante tenere presente che nelle normali aziende italiane, specialmente in quegli anni, agosto era un mese di fermo totale, con tutto il personale in ferie programmate da mesi. Questo era vero per CAE e ancora di più per tutti i suoi fornitori. Eppure, pur essendo pieno periodo estivo, tutto fu pronto in pochissimo tempo. Altra nota, utile a comprendere le condizioni operative, riguarda le comunicazioni telefoniche.
Era un’epoca in cui non esistevano reti pubbliche di comunicazione basate su tecnologia cellulare, per cui le telecomunicazioni erano molto complicate. Si partiva per i sopralluoghi e poi ci si rimetteva in contatto con l’azienda dalle cabine telefoniche. E così anche la progettazione della trasmissione dati dalle stazioni automatiche poteva contare esclusivamente su ponti radio montati al bisogno.
Undici anni più tardi, CAE affronta un’altra emergenza. Nei giorni 4, 5 e 6 maggio dell’anno 1998, dopo aver accumulato acqua per tre giorni consecutivi di pioggia, le pareti del monte Alvano – la vetta di 1300 metri che domina gli abitati di Quindici e il Vallo di Lauro, su un versante e quelli di Sarno, Siano e Bracigliano sull’altro – cedettero in 43 punti diversi riversando a valle tonnellate di fango, detriti e alberi. I paesi sottostanti vennero devastati, molte abitazioni furono distrutte e purtroppo 160 persone persero la vita nella sciagura.
In questo scenario CAE, incaricata dalla prefettura di Napoli, intervenne d’urgenza sul luogo: in 8 giorni, in condizioni precarie, furono installate 5 stazioni di monitoraggio per controllare le piogge e i loro effetti sull’evoluzione della frana, in modo da consentire agli organismi competenti di pianificare la strategia di gestione dell’emergenza ed evitare ulteriori danni alla popolazione.
Torna all'indice delle notizie