Intervista a Marco Casini: il monitoraggio alla base di qualunque azione di pianificazione e programmazione
CAE Magazine intervistato il Prof. Ing. Marco Casini, Segretario Generale dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Centrale che ha spiegato come si affrontano i lunghi periodi di siccità e le piene improvvise, fenomeni diventati sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico. Uno strumento fondamentale in questo senso è il monitoraggio, che è “alla base di qualunque azione di pianificazione e programmazione”. Sotto questo aspetto è significativo l’esempio della stazione di monitoraggio sul Lago Albano, che utilizza tecnologie CAE.
Di recente stiamo assistendo sempre più spesso a lunghi periodi di siccità e piene improvvise. Come si riesce a gestire fenomeni di questo tipo?
La siccità e le esondazioni sono due questioni diverse, che però fanno parte di un problema generale unico: il clima. Il tema della siccità riguarda soprattutto il modo in cui l’acqua viene utilizzata durante l’anno, in base a diversi usi, come uso potabile o industriale. Riguarda anche la tipologia di riserve idriche, come sorgenti, corsi superficiali e invasi. Per questo motivo bisogna sempre riuscire a fare un chiaro bilancio idrico tra domanda e offerta. In questo bilancio, ciò che sta peggiorando è l’immissione di acqua dall’esterno, vale a dire le piogge, che sta diventando un valore sempre più incerto, spesso carente, reso ancora peggiore dall'aumento delle temperature, che ormai sta andando avanti da diversi anni – tanto che il 2023 probabilmente sarà l’anno più caldo mai registrato. L’alta temperatura comporta un aumento di domanda d’acqua, ma anche lo scioglimento anticipato delle nevi, e la mancanza totale delle nevi più a nord. Il clima sta esasperando una situazione già critica. Contemporaneamente, il sistema idrico integrato irriguo, composto da tubazioni, pozzi e impianti, con il passare del tempo è diventato vetusto, e non ha più efficienza nel trasportare l’acqua. Abbiamo una media del 52% di perdite: significa che siamo costretti a prelevare più acqua di quella di cui abbiamo bisogno. In questo senso agire sulle perdite diventa il primo intervento generale obbligatorio da fare. Insieme a questo ce ne sono altri: possiamo migliorare la capacità di raccolta dell’acqua dall’esterno, possiamo recuperare le acque reflue per uso agricolo, possiamo pensare in situazioni locali a impianti di desalinizzazione.
Anche nel caso dell’incidenza delle piene bisogna cercare le cause nel clima. Con una temperatura più alta vengono accumulate energia e umidità, che portano a improvvisi e sempre più frequenti fenomeni meteorologici estremi. È chiaro che questi eventi espongono maggiormente un territorio già fragile. Anche se un fiume ha sempre esondato, noi gli abbiamo costruito attorno, arrivando a volte in zone di esondazione naturale. Questo fenomeno è acuito anche dal tema della mancata manutenzione degli argini. La stessa vegetazione, se non viene tagliata a dovere, fa resistenza alla piena, facendo da tappo. Dunque, il problema delle esondazioni è dovuto sia dall’aumento delle pressioni climatiche, sia da un territorio che è stato urbanizzato eccessivamente, senza che parallelamente sia stata fatta attenzione alla manutenzione ordinaria, e senza nemmeno attuare interventi più strutturali, come casse di espansione e arginature.
Oltre a manutenzione e prevenzione, quanto è importante il monitoraggio?
Il monitoraggio è fondamentale. Perché prima di tutto bisogna tenere sotto controllo l’andamento dei corsi d’acqua in base alle precipitazioni e agli eventi di piena, per poterli analizzare confrontandoli con le previsioni. Il monitoraggio è alla base di qualunque azione di pianificazione e programmazione. Bisogna capire che per poter pianificare, programmare e intervenire bisogna innanzitutto conoscere. E la conoscenza riguarda sia fenomeno in atto che i fenomeni passati. Per questo stiamo potenziando tantissimo il monitoraggio ambientale, cioè quello dei parametri climatici, dei parametri idrologici, dell’inquinamento e dei consumi, perché attraverso questi dati siamo in grado di capire che cosa sta succedendo, cosa è successo, e, in un certo senso, cosa succederà, per anticipare il futuro e mettere in campo interventi significativi, che possono essere di tipo strutturale (un nuovo impianto, un nuovo acquedotto, una nuova diga) o non strutturale – come interventi di gestione, che riguardino il cambiamento delle politiche o dei comportamenti. Senza monitoraggio non avremmo queste possibilità. Ora come dicevo lo stiamo rafforzando molto, integrandolo con tecnologie Web-GIS, che consentono di georeferenziare le informazioni.
In questo senso rientra il progetto che abbiamo fatto con CAE sul lago Albano, nel Lazio, in un quadro più ampio di monitoraggio di tutti i laghi del Distretto. Sul lago Albano c’è un teleidrometro che è stato installato proprio il mese scorso, che ci fornisce livello idrico e temperatura dell’acqua – informazioni minime necessarie. Il livello viene misurato ogni ora e ogni settimana. Ora per esempio sappiamo che, a causa dell’assenza di piogge, in un mese il livello del lago è calato di sei centimetri. Sei centimetri sono circa 360mila metri cubi di acqua, una quantità che basterebbe per un anno a un piccolo paese di 4.000 abitanti. Ora abbiamo aperto un tavolo di confronto con le parti in causa per capire come agire, ma non sarebbe stato possibile senza il monitoraggio.
a cura di Giovanni Peparello
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