Alluvione in Emilia-Romagna: eventi eccezionali e prevenzione
Due eventi meteorologici estremi, a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro, con misure cumulate di pioggia che in vaste aree del territorio emiliano-romagnolo hanno superato ampiamente i 400 mm di pioggia. A testimoniarlo sono state le numerose stazioni di monitoraggio pluviometrico consultabili in tempo quasi reale sui portali pubblici della Regione, situate in zone collinari, pedecollinari e, con valori poco inferiori, anche in pianura. Una sequenza che ha generato condizioni di umidità del suolo e di portata fluviale tali per cui è risultato impossibile evitare frane ed inondazioni.
Nelle prime note pubblicate da ARPAE sono 21 i fiumi esondati, anche in più punti, e circa 250 le frane maggiori che si sono attivate con effetti devastanti sia sugli abitati sia, soprattutto, sulle vie di comunicazione. Le province più colpite sono Ravenna, Forlì-Cesena, Bologna e Rimini. Purtroppo 15 le vittime, oltre 20.000 gli sfollati a una settimana dalle prime evacuazioni. Autostrada Bologna-Taranto A14 chiusa per giorni, viabilità secondaria inagibile e tratte ferroviarie che saranno inutilizzabili per chissà quanto. Danni per miliardi all’agricoltura, agli allevamenti, alle industrie.
Oltre ai corsi d’acqua principali, questi due eventi hanno interessato le aree collinari a ridosso dei centri abitati e centinaia di piccoli e piccolissimi bacini, particolarmente difficili da capire e gestire per i ridotti tempi che passano tra l’aumento dell’intensità di pioggia e il potenziale straripamento del corso d’acqua. Poche ore nelle quali si passa dalla previsione meteorologica, per sua natura soggetta a qualche grado di incertezza, al verificarsi di un evento che, in alcune località specifiche, può generare situazioni di disagio e, addirittura, di pericolo.
I dati di pioggia, di umidità del suolo e di livello e portata dei diversi corsi d’acqua, raccolti in tempo reale negli uffici competenti, hanno permesso di capire l’evoluzione degli effetti al suolo in tempo quasi reale, ottimizzando per quanto possibile la gestione delle opere a disposizione. Al contempo, gli stessi dati hanno reso evidente che le manovre finalizzate alla laminazione delle piene non sarebbero bastate e che il pericolo era imminente e concreto per larghe aree del territorio.
Ecco che i bollettini di allerta diramati con largo anticipo dal Centro Funzionale presso ARPAE nelle giornate precedenti ai due eventi, poi aggiornati nel corso degli stessi, hanno permesso a molte amministrazioni comunali virtuose di gestire il rischio e mitigarlo: ordinanze di evacuazione, telefonate di avviso ai cittadini e, più in generale, attuazione dei Piani di Protezione Civile Comunale. Gli stessi cittadini poi hanno avuto la possibilità di seguire i dati di pioggia ed i livelli idrometrici misurati in tempo quasi reale sui portali pubblici dell’amministrazione regionale, facendo correre foto e dati sui social media come mai era accaduto prima. Tutto questo ha consentito di limitare solo parzialmente la conta dei danni, enormi, ma ha certamente contribuito a salvare molte vite, anche se, purtroppo, non tutte.
La mitigazione del rischio idrogeologico, a partire da quello collegato ad alluvioni, allagamenti urbani e frane, deve fare ancora passi avanti, soprattutto alla luce di quanto prospetta il cambiamento climatico. La corretta pianificazione urbanistica, la cura del territorio e degli argini, la pulizia e la manutenzione dei canali tombati, la predisposizione di nuove opere idrauliche, la tempestiva applicazione dei Piani di Protezione Civile Comunale e il miglioramento della comunicazione ai cittadini sono solo alcuni degli ambiti sui quali lavorare per aumentare la sicurezza della popolazione e diminuirne l’esposizione al rischio.
Ora arriveranno i soldi per la ricostruzione e sarà fondamentale spenderli bene, anche per fare prevenzione. Allo stesso scopo devono essere ben spesi gli stanziamenti per opere idrauliche già contenuti nel PNRR. Un’occasione unica viene poi offerta dal Componente 4 della Missione 2 del PNRR, dove sono previsti fondi specifici per migliorare il sistema di monitoraggio nazionale. Questo investimento, come si evince dai documenti pubblicati sui siti istituzionali, offrirà la possibilità di rafforzare la componente di osservazione del sistema di allertamento nazionale e la rete già esistente dei Centri Funzionali regionali.
Oltre alla possibilità concreta di migliorare i monitoraggi in termini di capillarità ed affidabilità degli stessi, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è quindi l’occasione per l’ammodernamento delle tecnologie utilizzate, condizione che abilita la possibilità di gestire al meglio gli scenari di rischio locale. Si tratta di avere accesso, grazie alla interoperabilità e programmabilità dei nuovi apparati oggi sul mercato, a possibili nuovi paradigmi di gestione delle allerte locali, con strumenti che facilitino il dialogo tra i diversi livelli della Pubblica Amministrazione e li avvicinino, tutti, ai cittadini. Se è vero che la tecnologia da sola non basta, va certamente osservato che siamo di fronte ad una occasione imperdibile di investire bene le risorse del PNRR per una migliore preparazione del Paese agli effetti del cambiamento climatico.
Chiudiamo questo editoriale con un messaggio di vicinanza alle persone colpite e di cordoglio per le vittime, oltre che con un ringraziamento per tutti coloro che, col coordinamento della Protezione Civile, stanno facendo il possibile per alleviare le difficoltà delle popolazioni colpite.
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