• Intervista a Claudio Smiraglia: i ghiacciai, indicatori dei mutamenti meteo-climatici
    CAE MAGAZINE n.63 - Aprile 2022
    Intervista a Claudio Smiraglia: i ghiacciai, indicatori dei mutamenti meteo-climatici

Intervista a Claudio Smiraglia: i ghiacciai, indicatori dei mutamenti meteo-climatici

Intervista a Claudio Smiraglia: i ghiacciai, indicatori dei mutamenti meteo-climatici

CAE Magazine ha intervistato Claudio Smiraglia, già professore all’università degli studi di Milano e membro del Comitato Glaciologico Italiano, per capire lo stato delle riserve idriche in alta quota.

Qual è lo stato dell'arte della riserva idrica in alta quota?

Nel nostro Paese siamo, come è noto, in un periodo di intensa siccità che dura da alcuni mesi e che è ben rappresentato dai bassi livelli di portata del fiume Po; questo è certamente determinato non solo dalla mancanza di precipitazioni dirette sul bacino padano, ma anche da ciò che avviene alle alte quote. La carenza di precipitazioni nevose in montagna e di conseguenza la riduzione delle acque di fusione che dovrebbero cominciare ad alimentare i grandi laghi prealpini, ha effetti anche a livello dell’intero bacino del Po. A proposito dell’accumulo di neve, per limitarci alla Lombardia, secondo i dati dell’ARPA locale all’inizio del mese di marzo l’equivalente in acqua del manto nevoso ammontava a poco più di 800 milioni di m3 a fronte di una media per il periodo 2006-2020 di oltre 2500 milioni di m3; il che significa una riduzione percentuale di quasi il 70%. Anche i grandi laghi prealpini, che normalmente rappresentano una delle più importati riserve idriche, si inseriscono in questo quadro, con una riduzione dei quantitativi di acqua invasata di circa il 28%. Lo stesso si può dire della terza grande riserva idrica, i bacini artificiali, che, sempre limitandoci alla Lombardia, fanno registrare una riduzione di oltre il 38% rispetto alla media sopra indicata.    

Qual è l'impatto e quali sono le conseguenze dovute alla fusione dei ghiacciai?

In questo quadro i ghiacciai occupano una posizione molto particolare, non tanto per le dimensioni della riserva idrica da essi rappresentata, quanto per la tempistica del rilascio delle loro acque. Va chiarito che la situazione italiana da questo punto di vista non è confrontabile con quella di altre zone (specialmente in regioni asiatiche o sudamericane), dove l’acqua di fusione glaciale è pura sopravvivenza per centinaia di milioni di persone. Nelle Regioni settentrionali del nostro Paese, la riserva idrica rappresentata dai ghiacciai è sicuramente minoritaria. Sempre limitandoci alla Lombardia, rispetto alle precipitazioni medie annue che assommano a circa 27 miliardi di m3, abbiamo come riserve circa 100 miliardi di m3 nei laghi (compresi gli invasi artificiali) e circa 500 miliardi di m3 nelle falde sotterranee, cui vanno aggiunti 4 miliardi di m3 nei ghiacciai. Come si vede da questi dati, la riserva idrica dei ghiacciai può apparire molto ridotta; si tratta tuttavia di una riserva strategica che diventa disponibile proprio nei periodi di maggior bisogno, soprattutto quelli siccitosi estivi, quando si registra la loro maggiore fusione. Per fare un esempio, forse irriverente, è come poter contare su di un piccolo conto in banca, cui attingere nei periodi di maggiore crisi finanziaria. È chiaro che in una fase di intensa riduzione glaciale, come quella che stiamo vivendo da alcuni decenni, questa riserva, dopo un breve periodo di incremento della quantità di acqua disponibile dovuto all’aumento della fusione, si estinguerà rapidamente. Ricordiamo ad esempio che i ghiacciai italiani sono passati in poco più di mezzo secolo da un’area totale di 520 km2 negli Anni Sessanta del secolo scorso ad una superficie totale attuale di 325 km2. Per quanto riguarda il glacialismo alpino nel suo complesso si è passati da circa 2900 km2 negli Anni Novanta del secolo scorso agli attuali 1800 km2, il tutto derivante da un incremento delle temperature di 0,4-0,5°C dall’inizio degli Anni Ottanta. Questo rapido arretramento dei ghiacciai comporta imponenti effetti sul paesaggio della montagna che si sta trasformando con ritmi mai registrati prima. Al classico paesaggio dell’alta montagna, caratterizzato dalle vaste bianche superfici glaciali, si sta contrapponendo un paesaggio dominato dai toni grigi delle aree deglacializzate, dominate da rocce e detriti, dove si diffonde la vegetazione pioniera. Ci sono ricadute negative sulla produzione di energia idroelettrica, sulle risorse idriche per l’irrigazione, si ha un incremento della pericolosità sia a livello insediativo sia a livello turistico con un aumento esponenziale dei fenomeni di dissesto dei versanti (frane, colate di pietre, cadute di massi, esondazione da laghi di neoformazione). A questo si aggiungono impatti sulla biosfera di alta montagna che tende a spostarsi a quote sempre più elevate e successivamente ad estinguersi, il tutto con una sensibile riduzione della biodiversità.

Perché è importante il monitoraggio dei ghiacciai?

Di fronte alle trasformazioni sinteticamente accennate, è chiaro che il monitoraggio dei ghiacciai assume un’importanza notevole, specialmente per l’incremento del rischio nelle zone ad alta frequentazione turistica. È un monitoraggio diffuso che comincia alla fine dell’Ottocento ad opera di numerose strutture nazionali e internazionali (in Italia ad opera del Comitato Glaciologico Italiano) e che si basa su metodologie e strumentazioni sempre più sofisticate, in particolar modo di tipo satellitare. Va sottolineato come lo studio e anche la percezione dei ghiacciai presso il grande pubblico abbiano subito in questi ultimi decenni una sensibile evoluzione, legata alla crisi climatica in atto. Altri sistemi ambientali (come mari ed oceani, ad esempio) subiscono certamente gli effetti dell’incremento delle temperature, ma li evidenziano su scala temporale piuttosto lunga (pluridecennale o secolare); il ghiacciaio invece reagisce in modo quasi istantaneo e in misura facilmente osservabile a questi mutamenti meteo-climatici di cui è divenuto un vero e proprio indicatore, sensibile e veloce, un sintomo e un simbolo di un rapporto uomo-ambiente che andrebbe profondamente modificato.


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