• Il Piano e i 2,5 miliardi per la mitigazione del dissesto: quale ruolo per le misure non strutturali?
    CAE MAGAZINE n.59 - Dicembre 2021
    Il Piano e i 2,5 miliardi per la mitigazione del dissesto: quale ruolo per le misure non strutturali?

Il Piano e i 2,5 miliardi per la mitigazione del dissesto: quale ruolo per le misure non strutturali?

Il Piano e i 2,5 miliardi per la mitigazione del dissesto: quale ruolo per le misure non strutturali?

Il PNRR, nel suo testo approvato, riconosce che per ridurre gli interventi di emergenza, sempre più necessari a causa delle frequenti calamità, è necessario intervenire in modo preventivo attraverso un ampio e capillare programma di interventi strutturali e non strutturali.

Ad interventi strutturali volti a mettere in sicurezza da frane o ridurre il rischio di allagamento, si affiancano misure non strutturali previste dai piani di gestione del rischio idrico e di alluvione, focalizzati sul mantenimento del territorio, sulla riqualificazione, sul monitoraggio e sulla prevenzione.

L’obiettivo è portare in sicurezza 1,5 milioni di persone oggi a rischio. Nelle aree colpite da calamità saranno effettuati interventi di ripristino di strutture e infrastrutture pubbliche danneggiate, nonché interventi di riduzione del rischio residuo, finalizzato alla tutela dell'incolumità pubblica e privata, in linea con la programmazione e gli strumenti di pianificazione esistenti.

È per questo che l’investimento 2.1 della Misura 2, al Componente 4 del PNRR, prevede 2,5 miliardi di Euro per Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico.

Nei primi mesi di pubblicazione del testo e di questa misura, si sono espressi diversi Ordini Professionali, fra cui quello dei Geologi, per sottolineare alcune lacune del Piano e, soprattutto, l’esiguità delle risorse che, seppure importanti in valore assoluto, sono poche al cospetto delle necessità del nostro territorio.

Lo stesso testo del PNRR poi, dopo aver identificato alcuni aspetti deboli della gestione degli investimenti di questo tipo nel nostro Paese, identificava la necessità di semplificare e accelerare le procedure per l'attuazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico. Tra le riforme indicate come urgenti, rientrava la semplificazione e l’accelerazione delle procedure per l'attuazione e finanziamento degli interventi, a partire dalla revisione del DPCM 28 maggio 2015 recante i criteri e le modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse agli interventi, quindi del relativo “sistema ReNDiS”.

A questo proposito la riforma dei criteri per la valutazione degli interventi indicati dalle Regioni nel sistema RENDIS è effettivamente diventata legge. A questo link si trova il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso Novembre.

Dopo averne esaminato i contenuti, ci rimangono alcune perplessità sul fatto che il PNRR ha citato molto chiaramente la necessità di programmare misure anche non strutturali di mitigazione del rischio, veloci nella esecuzione, poco onerose ed efficaci sia nella migliore gestione degli eventi calamitosi sia nella possibilità di allertare per tempo i cittadini e quindi diminuirne l’esposizione al rischio, mentre la riforma dei criteri di valutazione dei progetti e del RENDIS non sembra considerare questa tipologia di interventi. Non è previsto in nessun modo che la mitigazione del rischio coinvolga, almeno per questo tipo di interventi, la prevenzione di cui si occupa il Sistema Nazionale di Allertamento e di Protezione Civile.

A questo si deve aggiungere, sempre secondo il testo pubblicato del PNRR, che sarebbe necessario un ulteriore rafforzamento delle strutture tecniche di supporto dei commissari straordinari; il rafforzamento delle capacità operative delle Autorità di bacino distrettuale e delle Province (presso le quali istituire un Ufficio specializzato di cui anche i Commissari possano avvalersi); la sistematizzazione dei flussi informativi e l’interoperabilità dei diversi sistemi informatici. La conclusione del processo di revisione normativa, specifica il testo del Piano, in continuità con azioni avviate già nel 2020, è prevista per la metà del 2022.

Il tempo per l’esecuzione del Piano corre veloce e la fragilità del nostro territorio è ormai palese sia nelle cronache, che riportano sempre più spesso notizie di danni e vittime del “maltempo”, sia nei report che annualmente vengono aggiornati da ISPRA e da tante altre istituzioni scientificamente accreditate.

Il nostro auspicio è che a breve siano indicati in modo chiaro, con riferimenti inequivocabili, non solo i criteri per la valutazione dei progetti strutturali e di quelli integrati, ma anche quelli per valutare la realizzazione di misure non strutturali per la riduzione del rischio. Sistemi di monitoraggio in tempo reale, con tecnologie moderne, veloci ed interoperabili, per il supporto alle decisioni in fase di emergenza e l’allerta locale al cittadino.



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