• L'opinione di... Luca Calzolari / Il valore dei social network nella comunicazione della Protezione Civile
    CAE MAGAZINE n.53 - Maggio 2021
    L'opinione di... Luca Calzolari / Il valore dei social network nella comunicazione della Protezione Civile

L'opinione di... Luca Calzolari / Il valore dei social network nella comunicazione della Protezione Civile

Luca Calzolari è fondatore e direttore del quotidiano digitale Il Giornale della Protezione civile. Esperto di comunicazione del rischio e di emergenza, ci ha spiegato come i social network siano diventati uno strumento fondamentale nella comunicazione pubblica e istituzionale, e in particolare per diffondere i messaggi della Protezione Civile.

Qual è oggi il valore dei social media per la comunicazione delle Istituzioni e per la Protezione Civile?

«È ormai assodato che i social network sono diventati nel tempo molto importanti per la comunicazione della pubblica amministrazione. Le Istituzioni hanno imparato a ‘fidarsi’ di questi strumenti, molto spesso grazie al lavoro dei tanti comunicatori pubblici che li usano con efficacia. Oggi i cittadini si aspettano di ricevere informazioni e comunicazioni su queste piattaforme. Questo è un passo avanti. È un modo più semplice, diretto e tempestivo per comunicare con le PA. La Protezione Civile, intesa come servizio nazionale costituito da molte componenti, oggi è efficacemente presente sui social network. Credo che il valore sia legato alla tempestività, alla possibilità di raggiungere con relativa facilità moltissime persone - e questo in caso di emergenza è importante - e al fatto che sempre più i cittadini e i Media li usano per informarsi anche per tematiche di protezione civile, per esempio sull’allerta meteo e durante una emergenza».

Come definisce la comunicazione del rischio di protezione civile?

«Uno strumento a supporto della prevenzione, infatti in protezione civile questa attività rientra in quelle classificate come prevenzione non strutturale. La comunicazione del rischio è finalizzata a portare a conoscenza i cittadini dei rischi a cui ciascuno è esposto e a promuovere la conoscenza dei comportamenti di auto-protezione da adottare in caso di emergenza»

Quindi quali sono i pilastri operativi della comunicazione del rischio di protezione civile?

«La costanza nella comunicazione, l’elaborazione di un piano editoriale, la capacità di costruire contenuti chiari, esatti e accessibili perché si ha, direi, l’obbligo (professionale ed etico) di renderli comprensibili da un numero di persone che sia il più ampio possibile. In soldoni, per fare un esempio, si devono veicolare i contenuti tecnici e scientifici attraverso un linguaggio divulgativo, cioè scientificamente esatto ma chiaro e non specialistico. Questo in generale; per quanto riguarda i social network vanno studiate costantemente le piattaforme, che come sappiamo sono dinamiche. Quindi bisogna conoscere le regole, le pratiche e il linguaggio di ogni piattaforma social che si utilizza. In questo modo sarà possibile veicolare i contenuti nel modo più efficace organizzandoli e personalizzandoli per ciascuna piattaforma. Infine bisogna fare un patto con i cittadini, che devono sapere che cosa trovare e cosa aspettarsi da un profilo o da una pagina ufficiale. In protezione civile è molto importante la comunicazione realizzata dai singoli territori, perché è quella  che prepara le persone a conoscere i rischi specifici del luogo in cui vivono, i comportamenti da tenere e  quanto previsto dal piano comunale di emergenza. Aggiungo infine che una buona comunicazione del rischio deve insistere sui comportamenti di auto-protezione che riducono i danni alle persone. La comunicazione del rischio è funzionale a una migliore efficacia della comunicazione e della gestione di una emergenza».

E invece quelli dell’emergenza?

«Anche in questo caso bisogna non arrivarci impreparati, voglio dire che va pianificato il modello organizzativo prima di trovarsi in emergenza. Però non bisogna cristallizzarsi su un modello rigido, il rischio è di entrare in crisi. Poi bisogna essere rapidi nel fornire le informazioni, non si deve avere l'ansia dell'immediatezza. Perseguire sempre l’immediatezza significa correre il rischio di veicolare informazioni inesatte che poi sono difficili da recuperare. Quindi rapidità significa prendersi il tempo necessario per verificare l’accaduto o le indicazioni da comunicare, solo così si fornisce una informazione esatta e vera».

I social però nascondono anche trappole...

«I social sono strumenti molto utili e potenti, ma altrettanto fonti di cattiva informazione e, come diceva lei, territorio privilegiato per le fake news, che quando si ha a che fare con la vita delle persone sono oltremodo pericolose. Questo aspetto introduce il tema del presidio, ovvero di vigilare, per quanto è possibile, per arginare le fake news, correggere le informazioni inesatte e via di seguito. Un lavoro complesso, ma grazie alla diffusa presenza sui social delle componenti del Servizio Nazionale della Protezione Civile e a un diverso rapporto delle persone con l’informazione della PA sui social, che di fronte a un’emergenza di protezione civile hanno imparato a cercare e riconoscere le fonti istituzionali, autorevoli e corrette (e inoltre sono sempre meno disponibili ad accettare comportamenti scorretti e sciacallaggi vari), la situazione è migliorata. Di fatto vi è una sorta di ‘presidio diffuso’ che in caso di cattiva informazione interviene con le modalità della rete. Con questo non sto affermando che il problema sia risolto».

Come definisce l’allerta meteo?

«L’allerta meteo è un'attività di prevenzione non strutturale, ed è anche un elemento della comunicazione del rischio. La comunicazione del rischio da un lato ci insegna ad auto-proteggerci, dall’altro, come nel caso dell’allerta meteo, ci avvisa della possibilità che si verifichi un dato fenomeno. Fenomeno che se diventa evento può comportare danni alle persone e alle cose. La codifica attraverso scale di colore ci offre un riferimento immediato e ci guida per una miglior comprensione del fenomeno e sui i possibili effetti sulle persone e sulle cose».

Pensa che sia importante utilizzare i social network per divulgarla?

«Sì, tuttavia, e questo vale in generale, i social sono uno degli strumenti di divulgazione che vanno tutti utilizzati, sia nella comunicazione del rischio, che dell’emergenza. È necessario però fare rete con le Istituzioni, Associazioni e Media del territorio interessato alla allerta, affinché la stessa sia condivisa sulle loro pagine. In questo modo si massimizza l’efficacia e si aiutano i cittadini a cercare e a trovare le informazioni dalle fonti certificate. Come dicevo prima, è però necessario costruire dei post efficaci utilizzando grammatiche e linguaggio adatti a ogni singola piattaforma social e non limitarsi a condividere il documento tecnico».


a cura di Laura Polverari



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