• Fazzini: "La realtà è più complessa, i segnali climatologici evidenziano nevicate meno frequenti ma più intense"
    CAE MAGAZINE n.50 - Febbraio 2021
    Fazzini: "La realtà è più complessa, i segnali climatologici evidenziano nevicate meno frequenti ma più intense"

Fazzini: "La realtà è più complessa, i segnali climatologici evidenziano nevicate meno frequenti ma più intense"

Abbiamo raggiunto al telefono Massimiliano Fazzini, climatologo e nivologo presso INGEO, il Dipartimento di Ingegneria e Geologia dell'Università degli studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara, nonché meteorologo ufficiale, insieme al suo team, dei campionati mondiali di sci alpino che si stanno svolgendo in questi giorni a Cortina d'Ampezzo.

Il punto di vista di un uomo di scienza sulla stagione invernale che sta per concludersi e sulle previsioni legate al cambiamento climatico, esprime la complessità della materia e ci restituisce un quadro reale della situazione, ben lontano da previsioni apocalittiche e posizioni di parte.

L'inverno che sta per terminare si è contraddistinto, rispetto agli anni passati, come moderatamente rigido, almeno al Nord e nell'arco alpino e appenninico sono cadute abbondanti nevicate.  Aprendo lo sguardo in Europa ci sono stati fenomeni nevosi eccezionali come, ad esempio, la tempesta Filomena in Spagna. Può darci un suo commento sulla stagione invernale che sta per terminare e se è cambiato e come il clima invernale rispetto agli anni passati?

"È una domanda molto sensata, perché è vero che stiamo vivendo un inverno pieno di estremi climatici. Considerando le statistiche si sono registrati fenomeni meteorologici molto intensi, caratterizzati da un freddo a tratti pungente, al Nord e sbalzi notevoli di temperatura a brevi distanze temporali. Nell'Europa settentrionale. invece, c'è stata una incredibile mitezza alternata a brevi fasi di freddo intenso accompagnate da nevosità eccezionale. In Italia l'inverno è tornato ad essere nevoso e fresco al Nord. Dal punto di vista igrometrico le cumulate nivometriche possono essere definite molto abbondanti, ma non eccezionali. I dati ci dicono che mediamente ogni sei stagioni invernali nevica in modo abbondante. Quindi le nevosità di questo inverno appaiono eccezionali e abbondanti semplicemente perché non siamo più abituati ad avere inverni nevosi, neppure alle quote medie dei sistemi alpini e appenninici. I fenomeni sono stati peraltro realmente abbondanti nei settori centro-orientali delle Alpi e sui settori liguri e tosco-emiliani dell’Appennino, mentre sull'arco alpino occidentale le cumulate si sono complessivamente rivelate nella media climatica recente. Nell’Appennino centro meridionale è nevicato significativamente sulle alte quote del versante tirrenico, ma complessivamente le cumulate sull’intera catena montuosa si sono rivelate del 20% sotto la media, secondo i dati ufficiali dei Carabinieri-Forestali".

Questi numerosi eventi meteorologici derivano dal cambiamento climatico in atto?

"La statistica ci dice che quando si verificano eventi rari, isolati, non dipendono dal cambiamento climatico. Questi si definiscono outlayer statistici. Se invece si verificano frequentemente eventi atmosferici di una certa importanza, allora possono dipendere dal cambiamento climatico in atto. Se ad esempio nelle prossime due-tre stagioni invernali avremo forti scarti positivi nelle cumulate nivometriche, allora non saranno considerate stagioni eccezionali e tale segnale climatico sarà probabilmente legato al climatic change.

Bisogna sottolineare che negli ultimi 20 anni, al contrario di quello che ci si ostina a ripetere, su Alpi e Appennini, a quote di riferimento di circa 1500 metri, la nevosità tende complessivamente ad aumentare, tranne che sulle Alpi occidentali.

La realtà è più complessa: i segnali meteorici dicono che le nevicate sono meno frequenti e più intense e di conseguenza le cumulate sono via via sempre più cospicue. Allo stesso tempo, sta diminuendo la persistenza continua della neve al suolo a causa dell'evidente e intenso aumento delle temperature. È quindi un segnale complessivo molto difficile da spiegare soprattutto alla mesoscala1 ed evidenza palese che servono serie storiche più lunghe per capire l’interdigitazione2 tra le estremizzazioni meteorologiche e il cambiamento climatico".

E per quanto riguarda gli scenari futuri? Cito, per esempio, le simulazioni condotte dal Federal Office of Meteorology and Climatology di Meteoswiss che rilevano che da qui al 2050 le precipitazioni invernali potrebbero aumentare dell'11% rispetto alla media 1981-2010, se non si interviene con misure di contrasto al Global Warming.

"In un mondo complessivamente più caldo è una anomalia su scala europea che possa nevicare di più. Il problema è a monte: la riduzione delle emissioni di gas serra non deve essere rapidamente perseguita solo per contrastare la crisi climatica, ma anche per avere una qualità dell’ambiente fisico migliore. È un nostro diritto. Questi modelli di simulazione vanno comunque presi con le molle. Scenari futuri dell'IPCC hanno evidenziato numerosi errori, ad esempio, prevedendo che nel centro-sud le precipitazioni estive e autunnali sarebbero severamente scemate, ma abbiamo visto che non è stato così. È importante leggere gli output degli scenari con estrema cautela. Dobbiamo arrivare di base a una riduzione di emissioni di gas serra e quindi alla piena applicazione dell'Agenda ONU 2020-30".

In relazione al fenomeno delle valanghe che effetto hanno le nevicate abbondanti?

"Negli ultimi anni, statisticamente, assistiamo ad una maggiore frequenza di nevicate intense, con masse volumiche del manto nevoso spesso fino ad alte quote, quindi il pericolo valanghe tende a incrementarsi in virtù della mancanza di certe tipologie di coesione. In tali evidenze climatologiche, il rischio e la pericolosità in un ambiente innevato tende a crescere, soprattutto su Alpi e Appennini, i rilievi più antropizzati del mondo. Quindi è necessario essere sempre più attenti nella valutazione delle condizioni meteorologiche alla scala locale, in relazione alla stabilità del manto nevoso. Bisogna consultare i bollettini nazionali e regionali sul pericolo valanghe e, se la situazione è rischiosa, evitare un'escursione o la sciata per non mettere a rischio la propria vita. Insomma, serve più senso civico e rispetto per la montagna.

Per un climatologo-nivologo quando si verificano incidenti mortali è una sconfitta, perché significa che non riusciamo a far passare il messaggio che la natura merita sempre più attenzione rispetto al forcing climatico che la rende sempre più pericolosa".

Lei fa parte del comitato scientifico ed è previsore ufficiale dei campionati mondiali di sci alpino che si stanno svolgendo a Cortina. Può illustrarci il suo lavoro?

"Sono il meteorologo ufficiale e fornisco previsioni dapprima di short and medium range e, durante le competizioni, di nowcasting a chi lavora in pista, fornendo informazioni operative. Un lavoro costante rispetto ai fenomeni atmosferici, iniziato due mesi fa, ai primi di dicembre, con un contatto assiduo con l'organizzazione per la pianificazione di tutte le attività legate alla produzione di neve tecnica, alla lavorazione e alla cosiddetta barratura delle piste. Quindi il mio lavoro è di due tipi:

1) meteo-climatologico statistico e a tratti deterministico, finalizzato alla preparazione delle piste, per preparare e garantire al massimo la qualità dei tracciati;

2) un lavoro puntuale durante le gare che deve portarne alla garanzia dello svolgimento regolare e nella massima sicurezza per gli atleti delle competizioni.

Il regolamento FIS evidenzia che non si può andare oltre la data di chiusura dei giochi (ndr, 21 febbraio 2021), cioè dobbiamo garantire lo svolgimento delle competizioni; evidentemente alcune gare possono essere rinviate e persino annullate. Ci sono infatti dei precedenti: a causa di forti condizioni di maltempo o mancanza di neve sono state annullate alcune gare come durante i campionati in Sierra Nevada, in Spagna".

La ritroveremo anche alle Olimpiadi di Cortina nel 2026?

"Speriamo di dare continuazione a questo progetto importante".







Note


1. Nella meteorologia sinottica si riferisce alla scala spaziale in cui i sistemi frontali si evolvono in tempi dell'ordine di 6÷12 ore, minori di quelli relativi alla scala spaziale sinottica, che è maggiore (24÷48 H) - fonte Treccani.