• Intervista a Michele Ferri: il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni nelle Alpi Orientali
    CAE MAGAZINE n.40 - Marzo 2020
    Intervista a Michele Ferri: il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni nelle Alpi Orientali

Intervista a Michele Ferri: il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni nelle Alpi Orientali

Intervista a Michele Ferri: il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni nelle Alpi Orientali

Si chiama bacino idrografico (o fluviale o imbrifero) il territorio, solitamente una valle o una pianura, drenato da un determinato fiume e dalla rete dei suoi affluenti: il suo perimetro è segnato dalla linea spartiacque, quella linea immaginaria che generalmente corre lungo il crinale dei rilievi montuosi.

Con D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 il territorio italiano è stato suddiviso in 8 distretti idrografici, costituiti dall'unione di più bacini idrografici limitrofi, grandi e piccoli, dei singoli affluenti del corso d'acqua principale e dalle rispettive acque sotterranee e costiere: distretto Alpi Orientali, Padano, Appennino Settentrionale, Serchio, Appennino Centrale, Appennino Meridionale, Sardegna e Sicilia.

La loro gestione è affidata alle Autorità di Bacino Distrettuale (dette anche Autorità di Distretto), che si occupano della cura delle acque superficiali e sotterranee e delle aree protette, del monitoraggio e dell'attuazione di tutte le azioni necessarie ad impedirne il deterioramento, della protezione e ripristino dei corpi idrici e degli ambienti acquatici, del contrasto alle sostanze pericolose e della realizzazione delle mappe di pericolosità e di rischio. Le Autorità di Bacino Distrettuale sono, inoltre, Centri di Competenza nell'ambito del Sistema Nazionale di Protezione Civile.

Il decreto istitutivo dei distretti idrografici ha recepito la direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque – DQA) che istituisce il quadro d'azione comunitaria in materia di acque con l'obiettivo di prevenirne il deterioramento qualitativo e quantitativo e assicurarne un utilizzo sostenibile. Lo strumento di programmazione/attuazione degli obiettivi della direttiva è il Piano di Gestione delle Acque (PGA). Un'altra direttiva di riferimento in materia di acqua è la Direttiva Alluvioni (2007/60/CE), che prevede la predisposizione del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni (PGRA) che deve fornire un preciso “quadro per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni” ed essere aggiornato ogni 6 anni.

L’Autorità di Distretto delle Alpi Orientali opera sui bacini idrografici nelle regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto, nelle Province Autonome di Trento e di Bolzano, nonché su alcuni bacini transfrontalieri al confine con Svizzera, Austria e Slovenia, in un ambito territoriale che copre circa 40.000 kme in cui vivono indicativamente 7 milioni di abitanti. Al Distretto delle Alpi Orientali appartengono 13 bacini idrografici.

Abbiamo raggiunto telefonicamente l'Ing. Michele Ferri, dirigente della Direzione dell’Idraulica, della Ricerca e dello Sviluppo presso l'Autorità Distrettuale delle Alpi Orientali che coordina le attività di pianificazione della difesa idraulica del territorio.

 

Ing. Ferri come è strutturato il PGRA?

«Il PGRA si pone come la sintesi degli aspetti della gestione del rischio di alluvioni. In tal senso il PGRA è il frutto di una intensa attività di coordinamento con tutti gli attori già istituzionalmente deputati all’attuazione di alcuni degli aspetti della gestione del rischio di alluvioni nelle diverse competenze. Il D.Lgs. 49/2010 esplicita tali competenze al comma 3 dell’art 7 nel quale stabilisce che le Autorità di Bacino Distrettuali predispongano i piani di gestione e le Regioni in coordinamento tra loro, nonché con il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, predispongano la parte dei piani di gestione per il distretto idrografico di riferimento relativa al sistema di allertamento nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico ai fini di protezione civile, di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 febbraio 2004, con particolare riferimento al governo delle piene. Il riferimento a queste due competenze nell’attuazione del PGRA e al loro necessario coordinamento è rappresentato nel documento di piano.

L’approccio seguito risulta ovviamente integrato a scala di Distretto con misure generali da applicare trasversalmente ad ogni UOM (Unit Of Management) ed integrato a scala di singola UOM con l’individuazione di misure specifiche e particolari anche in relazione alle diverse realtà amministrative».

Come si valuta il rischio alluvione di un territorio?

«Innanzitutto tengo a precisare che rischio e pericolo non sono la stessa cosa: il pericolo è la causa, il rischio sono le possibili conseguenze derivanti dal suo effetto. Il rischio viene valutato come prodotto della pericolosità per la vulnerabilità per l’esposizione dove la pericolosità è intesa come la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo in una data area; la vulnerabilità è la propensione di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità; l’esposizione è il numero di unità (o "valore") di ognuno degli elementi a rischio presenti in una data area, come le vite umane o gli insediamenti».

Cosa emerge dal vostro PGRA in termini di pericolosità e rischio del territorio di vostra competenza?

«Un territorio molto fragile da un punto di vista idraulico che può andare in sofferenza anche con eventi meteorici di basso tempo di ritorno, ovvero alta frequenza di accadimento».

Quali sono gli obiettivi prioritari e quali gli strumenti e le misure, strutturali e non, messi in campo?

«Gli esiti degli incontri con i portatori di interesse, effettuati durante la fase di costruzione del piano, hanno confermato gli obiettivi che sono stati individuati, obiettivi già indicati nell’art. 7 della direttiva 2007/60 CE e in particolare la riduzione delle conseguenze negative delle alluvioni per la salute umana, per l’ambiente, per il patrimonio culturale e per le attività economiche. Tengo a precisare che il raggiungimento della tutela della salute umana è stato identificato come prioritario e deve riguardare tutti gli impatti diretti o indiretti di un’alluvione, quali potrebbero derivare ad esempio dall'inquinamento o dall’interruzione dei servizi legati alla fornitura d’acqua o dalle conseguenze negative, come ad esempio, sulla governance locale, sull’istruzione, sulla sanità e servizi sociali (come gli ospedali). 

Circa la tipologia di misure adottate, sono state seguite le indicazioni di ISPRA, adattandole, nei termini, alle peculiarità del Distretto. Troviamo quindi misure di prevenzione, protezione, preparazione e ricostruzione post-evento.

Tra le misure di preparazione, segnalo l’Osservatorio dei Cittadini per la gestione delle piene, quale azione di competenza dell’Autorità di Bacino e di valenza distrettuale, ovvero da applicare su tutto il territorio del Distretto delle Alpi Orientali».

Proprio a riguardo, avete puntato molto sulla partecipazione attiva dei cittadini valorizzando ampiamente strumenti civici quali gli Osservatori dei Cittadini (Citizen Observatories- COs) e aderendo, fra gli altri, al progetto europeo di ricerca WeSenseIt. Quale valore aggiunto può fornire questa partecipazione estesa nella gestione del rischio alluvionale?

«Mi permetto di precisare che più che aderire al progetto WeSenseIt lo abbiamo letteralmente proposto noi alla commissione europea creando un partenariato con istituti di ricerca provenienti da Olanda, Inghilterra, Spagna, Polonia e Svizzera. L’Osservatorio dei Cittadini rappresenta un luogo fisico e virtuale in cui i cittadini e i decisori cooperano per raccogliere e condividere dati e informazioni e per identificare e discutere soluzioni al fine di raggiungere decisioni condivise in merito alle strategie che hanno un impatto sulla società e l'ambiente e richiedono la raccolta e l'interpretazione di dati sociali e scientifici, sia nell’ambito di attuazione di una pianificazione a lungo termine, sia nel caso sia necessaria una reazione immediata da parte del decisore. Nello specifico comporta lo sviluppo di sensori fisici e sociali, l'integrazione di reti di sensori eterogenee con modelli previsionali, il miglioramento dei modelli idrologici predittivi, lo sviluppo di modelli sociali per comprendere meglio le motivazioni, le esigenze e le potenzialità dei cittadini quali attori nei processi decisionali. E’ una misura di piano complessa che punta a coinvolgere e preparare i cittadini, consentendo loro di sviluppare competenze per una risposta consapevole al rischio di alluvione (dalla difesa alla resilienza e preparazione all’evento), migliorando la loro percezione del rischio specifico».

Da ultimo, Ing. Ferri, in questo periodo state predisponendo l’aggiornamento del PGRA. Ci risentiremo a tempo debito per saperne di più. Può darci solo un’anticipazione?

«Pilastro del nuovo piano sarà l’innovazione tecnologica anche e soprattutto a servizio dell’informazione dei cittadini».


a cura di Patrizia Calzolari


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