• L'OPINIONE DI... Vincenzo Coccolo / Prevenzione del dissesto idrogeologico: l'esempio della Regione Piemonte
    CAE MAGAZINE n.4 - marzo 2016
    L'OPINIONE DI... Vincenzo Coccolo / Prevenzione del dissesto idrogeologico: l'esempio della Regione Piemonte

L'OPINIONE DI... Vincenzo Coccolo / Prevenzione del dissesto idrogeologico: l'esempio della Regione Piemonte

L'OPINIONE DI... Vincenzo Coccolo / Prevenzione del dissesto idrogeologico: l'esempio della Regione Piemonte

Intervista al Dott. Geologo Vincenzo Coccolo, già responsabile settore geologico, direttore generale di ARPA Piemonte e direttore regionale Opere pubbliche, difesa del suolo, montagna e Protezione Civile della Regione Piemonte

Dott. Coccolo cosa ne pensa del panorama emerso dal rapporto Ispra 2015 sul dissesto idrogeologico nel nostro Paese? Cosa trova maggiormente preoccupante?

”Il rapporto riconferma uno stato di cose già conosciuto. L'Ispra fotografa ogni anno la panoramica generale del dissesto idrogeologico del Paese, ma, per forza di cose, con una scala di lettura meno approfondita di quelle eseguite a livello regionale. La Regione Piemonte già da decenni monitora costantemente il proprio territorio: nel 1998 pubblicò un corposo lavoro, una banca dati geologica con la cartografia di tutte le frane che si erano verificate negli ultimi 200 anni nella regione. Una fotografia da aggiornare costantemente, sempre in divenire: da allora la Regione Piemonte ha sempre censito tutti  dissesti che hanno causato danni a infrastrutture, strutture pubbliche e private e singoli privati oltre ad aver registrato tutti  i loro effetti al suolo, anche in assenza di danni.

Il dissesto idrogeologico è certamente preoccupante, ma ci si può convivere, anzi bisogna imparare a convivere con la natura e i sui fenomeni. Per farlo è necessario puntare sulla  prevenzione, ma che sia una prevenzione derivata dalla conoscenza dei fenomeni. Tutti gli strumenti urbanistici devono poi essere filtrati attraverso questa conoscenza e devono essere posti dei 'divieti assoluti'. In passato sono stati fatti grandi errori nell’utilizzo del suolo sui quali oggi ci devono essere  ripensamenti drastici .

Il Piemonte, regione in cui Lei ha prestato  servizio per lungo tempo nel servizio geologico, in ARPA Piemonte e nella direzione regionale Opere pubbliche, difesa del suolo, montagna e Protezione Civile, è stato spesso teatro di eventi meteo-idro che hanno portato disastrose conseguenze sia in termini di numero di vittime sia di danni: solo negli ultimi vent'anni ricordiamo le alluvioni del novembre 1994 ( 60 vittime), ottobre 2000 ( 2 vittime), maggio 2008 (4 vittime), ottobre/novembre 2014 (1 vittima). Un trend certamente pesante ma che allo stesso tempo evidenzia un notevole calo in quanto a numero di vittime. Un "caso" o il frutto di un'azione di prevenzione costante nel tempo?

Fa male dover utilizzare il numero di vite umane come  il parametro dell'approccio e del percorso svolto dalla Regione Piemonte in questi anni: nel 94, nonostante la struttura che io allora dirigevo avesse previsto l'evento e avesse diramato con 72 ore di anticipo i bollettini di allerta, ci furono 60 vittime. Purtroppo allora non c'era un sistema di Protezione Civile efficiente. I bollettini furono letti troppo tardi e il nostro lavoro di previsione fu totalmente vano, ed  ebbe come unica conseguenza la contestazione di capi di accusa pesantissimi nei confronti dei preposti.

Successivamente all'alluvione del 94, e sulla scorta di quella tragica esperienza, la Regione Piemonte organizzò un articolato sistema di Protezione Civile, che prevedeva un efficiente e motivato sistema di volontariato dotato delle necessarie attrezzature , il coinvolgimento operativo degli Enti Locali, l'informazione alla popolazione, l'evacuazione delle strutture a rischio, la chiusura dei ponti sui fiumi e via dicendo.

Nell'ottobre 2000, una nuova disastrosa alluvione: oltre 18 corsi  d'acqua e innumerevoli affluenti  esondarono inondando il Piemonte, la Valle d'Aosta, la Lombardia e la Liguria. La nostra Regione però registrò 'solo' due vittime: un vigile del fuoco che perse la vita prestando soccorso e un uomo che viveva in un baracca in riva al fiume e non aveva ottemperato ad un'ordinanza di sgombero. Due vittime, certo, ma non direttamente imputabili al sistema di prevenzione messo in atto.

Cosa è stato fatto per arrivare a questo risultato? 

All'inizio degli anni '90, la Regione Piemonte per prima a livello nazionale e sicuramente anche europeo, sviluppò un sistema operativo giudicato altamente affidabile e basato su un approccio estremamente innovativo. Fino ad allora ogni branca della scienza che si occupa del territorio (ingegneri idraulici, ingegneri civili, geologi, meteorologi ecc) faceva la propria parte senza interfacciarsi l'un l'altra. Ogni scuola di pensiero riteneva di avere la verità in tasca... Ma noi, con molta umiltà e notevole sforzo siamo riusciti a far dialogare  persone e culture molto diverse. In questo modo abbiamo ottenuto due capisaldi per il nostro sistema di prevenzione: da una parte previsioni di precipitazioni quantitative e temporali (per poter sapere non solo se piove ma anche quanto e quando) e dall'altra la conoscenza esatta degli effetti al suolo delle quantità di pioggia prevista per ogni bacino. Per un efficace azione di prevenzione avevamo infatti la necessità  di conoscere le soglia critiche di pioggia oltre le quali si potevano verificare fenomeni di dissesto idrogeologico.

Da allora come si è evoluto il sistema?  

La conoscenza storica dei dissesti in Piemonte ci aveva permesso di individuare le aree vulnerate con un lavoro di back analysis (dagli effetti alle cause). Di ogni frana era possibile arrivare a conoscerne la causa in termini di quantità di precipitazione che l'aveva causata, e così pure per le onde di piena. Ciò che mancava era solo un dato: la misura in tempo reale dei fenomeni. Mancava un network di osservazione a terra per la taratura delle previsioni, un monitoraggio che in real time inviasse i dati alle centrali operative.

Allora la Regione Piemonte decise che doveva dotarsi di strumentazioni adatte a questo scopo: si affidò al Politecnico di Torino per stabilire le specifiche tecniche ed emanò un bando di gara internazionale per la fornitura di  sistemi di monitoraggio in real time. CAE fu l'azienda che si aggiudicò la fornitura: da allora ha continuato a radicarsi sul territorio  e oggi la rete Arpa Piemonte si avvale di circa 400 stazioni CAE, una settantina di ripetitori e 2 centrali. In parallelo la Regione Piemonte acquistò due radar meteo grazie a fondi europei: l'UE infatti aveva giudicato molto significativo il nostro approccio e finanziò buona parte del progetto. Lo stesso Dipartimento nazionale della Protezione Civile chiese al Piemonte di ingegnerizzare questo tipo di sistema per tutto il territorio nazionale, cioè di renderlo effettivo, 'robusto' e funzionante in real time.

A quel punto fu portato avanti un grosso lavoro di modellistica matematica che oggi ci permette di prevedere con 72 ore di anticipo le  piene, di determinare la portata di un corso d'acqua in una certa sezione e gli effetti al suolo che ogni evento meteo comporta. Il lavoro si è poi completato con la predisposizione dei piani di Protezione Civile, che stabiliscono a priori ruoli, compiti e azioni da mettere in atto in caso di calamità.

Obiettivo raggiunto dunque?

Posso affermare che oggi il sistema elaborato dalla Regione Piemonte, gestito dal Settore regionale Protezione Civile e per la parte previsionale ed idrologica da ARPA Piemonte, funziona con ottimo livello di performance e rappresenta una significativa  tutela per l'incolumità pubblica. Però non bisogna abbassare la guardia: la prevenzione dei rischi di Protezione Civile necessita attenzione costante e continuità: in caso contrario si rischia di inficiare il lavoro di anni e tutti gli sforzi compiuti. Occorre continuare a puntare sulla prevenzione, sulle tecnologie, sulla collaborazione fra professionalità e PA, e, importantissimo, sostenere ed incrementare il volontariato, che rappresenta una colonna portante del moderno sistema di Protezione Civile. 

intervista a cura di Patrizia Calzolari