Intervista al Dott. Antonio Iovino: Regione Abruzzo tra passato, presente e futuro
Antonio Iovino, aquilano, è stato per lungo tempo Dirigente presso la Regione Abruzzo dove si è occupato di Protezione Civile, governo del territorio, difesa del suolo e della costa ed è stato responsabile del Centro Funzionale della Protezione Civile. In seguito al terremoto che ha colpito il Centro Italia, è stato nominato Coordinatore del Centro Operativo Regionale per la gestione dell’Emergenza sismica 2016-2017. In questa veste, nel novembre 2017 è stato insignito del prestigioso Premio “Zirè d’oro” della città dell’Aquila, quale “personaggio dell’anno 2017” delle istituzioni pubbliche come ringraziamento per il lavoro svolto. Il 16 novembre scorso nell’ambito del convegno nazionale sulla comunicazione in protezione civile “Dal megafono ai social network”, annuale appuntamento organizzato dalla web radio del Raggruppamento Speciale di Protezione Civile “Radio Perusia”, gli è stato assegnato il Premio Comunicazione ProCiv 2019 per la sezione Istituzioni, quale Responsabile del Centro Funzionale d’Abruzzo, per le innovazioni apportate nella comunicazione delle allerte alla cittadinanza con la piattaforma “AllarMeteo”.
Dott. Iovino, in questi giorni, sulla base del progetto di legge approvato lo scorso luglio, si sta lavorando in Abruzzo per la nascita di una Agenzia Regionale di Protezione Civile, che sostituisca l’attuale Dipartimento interno alla Regione. Come vede questa riorganizzazione e come cambierà nel concreto la gestione delle emergenze e del settore in generale?
Durante la mia lunga attività di dirigente della Protezione Civile della Regione Abruzzo ho sempre sostenuto la necessità che, per rendere più efficace ed efficiente l’azione di protezione civile regionale - sia in via ordinaria che in emergenza - ed offrire un quadro organizzativo di risposta sollecita e affidabile, occorreva procedere ad istituire l’”Agenzia Regionale di Protezione Civile”, in grado di garantire maggiori spazi di indipendenza operativa e gestionale alle delicate e complesse attribuzioni derivanti dalla specifica materia e rendere più funzionali e fluidi gli adempimenti istituzionali. Devo dare atto al Presidente della Regione Marco Marsilio che dall’atto dell’insediamento, nel suo discorso programmatico, ha considerato prioritario procedere alla riorganizzazione del Sistema della Protezione Civile regionale alla luce del Decreto Legislativo 2 gennaio 2018 n. 1, “Codice della protezione civile”, ipotizzando un’organizzazione autonoma rispetto ad altri settori regionali e sotto la diretta responsabilità della Presidenza della Giunta. Si è proceduto così ad elaborare un testo che ha trovato la piena condivisione della Giunta Regionale che ha approvato il progetto di legge.
Il testo realizzato, in corso di esame da parte delle competenti Commissioni del Consiglio Regionale, oltre a istituire e definire l’organizzazione dell’Agenzia, contiene elementi in grado di sviluppare anche un’azione di governo e di regolazione territoriale in quanto favorisce:
• il rafforzare la cultura della protezione civile;
• l’individuazione del sistema organizzativo (strutture, mezzi, risorse finanziarie, personale) in grado di attivarsi operativamente ed efficacemente in situazioni di pubbliche calamità, non solo di livello regionale, ma anche di portata interregionale e internazionale;
• gli opportuni raccordi con gli altri livelli istituzionali, interni ed esterni al territorio abruzzese, sviluppando azioni di “governance”,
• a incentivare la partecipazione delle associazioni di volontariato e di tutte le altre espressioni della società civile al fine non soltanto di promuovere una più capillare diffusione della cultura della protezione civile, ma anche per accoglierle nel “Sistema Regionale di Protezione Civile” che poi, a sua volta, confluisce, integrandosi, in quello nazionale;
• a potenziare le forme di collaborazione e solidarietà interregionale in modo da consentire la partecipazione dell’Abruzzo alle iniziative di protezione civile nel territorio di altre Regioni, ovvero in aree internazionali.
Con l'entrata in vigore di questa norma, l'Abruzzo si doterà di una nuova struttura più efficiente, più moderna, più dinamica, più operativa e più all'altezza delle esigenze e dei bisogni avvertiti dal nostro territorio.
L’Abruzzo, come del resto la quasi totalità delle Regioni italiane, presenta fragilità territoriali su diversi fronti. Partiamo dal dissesto idrogeologico. Qual è la situazione complessiva della Regione e quali le maggiori criticità?
Nella Regione Abruzzo il numero dei Comuni con aree censite a pericolosità idrogeologica (frane + alluvioni) è stimato in 304 su 305 (ISPRA, 2018). Le zone a pericolosità da frana elevata (P3) e molto elevata (P4) e quelle a pericolosità idraulica interessano il 16,9% del territorio regionale (ISPRA, 2018).
Idealmente la nostra Regione può suddividersi in tre zone: zona montana, zona collinare e fascia costiera. Ciascuna di esse presenta situazioni geomorfologiche differenti a cui corrispondono fenomenologie di dissesto diverse.
Nella zona montana i fenomeni gravitativi sono costituiti principalmente da frane da crollo o ribaltamento, non mancano comunque zone, soprattutto localizzate nella provincia chietina e in quella pescarese, dove sono attive frane di tipo rotazionale e/o di scorrimento. In alcuni casi tali fenomeni presentano importanti profondità nelle superfici di scivolamento. Coni e falde di detrito sono forme di accumulo ricorrenti; le forme erosive più diffuse sono legate all’approfondimento dell’erosione in alveo e alla presenza, in alcuni casi, di scarpate e di erosione fluvio-torrentizia. I fenomeni franosi interessano un numero elevato di infrastrutture viarie e tecnologiche, e di centri abitati. Tutto ciò comporta gravissime problematiche di carattere socioeconomico per quei territori, prima fra tutte lo spopolamento.
La zona collinare è anch’essa interessata dalla presenza di un numero elevatissimo di movimenti franosi, principalmente di scorrimento rotazione e/o colamento, non sono comunque assenti fenomeni di deformazioni superficiali lente (soliflussi), ed in alcune aree fenomeni di tipo calanchivo celebri quelli di Atri. Tali fenomeni, come anche detto sopra, coinvolgono le infrastrutture e numerosi centri abitati con evidenti gravissime ripercussioni di carattere sociale ed economico.
La fascia costiera presenta problematiche legate fortemente ai fenomeni di erosione marina, che purtroppo, come anche documentato in questi giorni con le ultime mareggiate, provocano tanti danni a livello economico, con distruzione di centinaia di metri di arenile.
Anche a livello di pericolosità di alluvione la Regione presenta alcune situazioni molto importanti legate, soprattutto, alla forte urbanizzazione verificatasi negli anni precedenti in mancanza di strumenti regolatori e di pianificazione territoriale come appunto il PSDA.
Quale tipo di strategia occorrerebbe a suo avviso per raggiungere un livello di sicurezza accettabile dal punto di vista idrogeologico?
Definire una strategia al fine di raggiungere un livello di sicurezza accettabile è cosa estremamente ardua e complessa in virtù dei numeri sopra dettati [numero dei Comuni con aree censite a pericolosità idrogeologica (frane + alluvioni) è stimato in 304 su 305 (ISPRA, 2018)] ed in ragione anche del fatto che gli eventi calamitosi sono accentuati dalla forzante climatica (cfr. evento 2017). Sicuramente però la consapevolezza e le conoscenze acquisite ci dovrebbero far riflettere su come approcciare il problema della mitigazione del rischio idrogeologico.
Il primo aspetto è sicuramente legato a una questione di natura culturale, ovvero quella del consumo di suolo che nella nostra Regione è pari a 415 mq/ab con punte che, a scala provinciale, arrivano a 561 mq/ab (ISPRA, 2018). In realtà, una riduzione del consumo di suolo, soprattutto in corrispondenza delle aree di pianura a ridosso delle principali aste fluviali, oggetto come detto negli anni passati di una forte “aggressione” antropica, permetterebbe di evitare il fenomeno dell’impermeabilizzazione dei suoli, che tanti danni ha provocato negli anni passati.
Altro aspetto che andrebbe dovutamente considerato è quello legato alla realizzazione di un grande piano di manutenzione del territorio sia in termini di opere di protezione e mitigazione del rischio, che di riefficientamento dei naturali sistemi scolanti. Infatti, molti dei fenomeni verificatisi in questi ultimi anni credo siano sicuramente imputabili alla scarsa manutenzione di cui ha goduto il territorio non solo a quello abruzzese, ma nazionale in generale.
Ovviamente alle azioni di natura culturale (cambio di passo nella visione dello sviluppo, e di manutenzione), dovranno necessariamente affiancarsi anche opere di natura strutturale, in alcuni casi importanti dal punto di vista dell’impegno economico, necessarie a garantire la salvaguardia e la protezione di tutte quelle infrastrutture e/o centri abitati minacciati dai fenomeni di dissesto idrogeologico.
Cosa è stato fatto nel passato, con quali risultati positivi e cosa invece non ha funzionato?
Diverse sono state nel passato le azioni intraprese e le opere realizzate al fine di mitigare i fenomeni di dissesto idrogeologico che interessavano il territorio della Regione. Sicuramente molte di esse hanno raggiunto lo scopo che si prefiggevano con la messa in sicurezza di ampie porzioni del territorio abruzzese. In alcuni casi però la scarsità delle risorse economiche a disposizione, a fronte dei fenomeni di dissesto presenti, non ha permesso di raggiungere pienamente quanto prefissato in termini di messa in sicurezza del territorio.
E’ difficile dire però cosa non abbia funzionato, sicuramente la fragile situazione del territorio abruzzese, e non solo, è “figlia” di quelle scelte fatte nel passato, particolarmente nei momenti economici di sviluppo, quando ancora non esistevano quegli strumenti di conoscenza approfonditi, quali PAI (Piano Assetto Idrogeologico) e PSDA (Piano Stralcio di Difesa dalle Alluvioni), che sicuramente avrebbero potuto meglio indirizzare lo sviluppo del territorio, evitando quegli errori di cui oggi tanto si vede in televisione e tanto si discute e per i quali prima miliardi di lire ed ora milioni di euro si sono spesi e si spendono.
Il MATTM ha stanziato per l’Abruzzo oltre 7 milioni di euro per 55 interventi di mitigazione del rischio frane, alluvioni e per la difesa della costa. La Regione inoltre ha usufruito di un contributo finanziario di quasi 10 milioni nell’ambito del Piano Stralcio 2019, per 12 interventi di mitigazione del rischio da frana. Come verranno utilizzati questi fondi? Esiste un progetto di messa in sicurezza che consideri il territorio nella sua “globale” fragilità?
I 7 milioni di euro di cui si parla sono riferiti al “Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico” di cui al D.P.C.M. del 14 luglio 2016. Si tratta, come descritto bene dal titolo del D.P.C.M., di provvidenze economiche volte alla progettazione sino al livello esecutivo degli interventi per la mitigazione del rischio (frane, alluvioni, costa) caricati all’interno della piattaforma Rendis-WEB, dotati di un livello di progettazione inferiore all’esecutivo, ricadenti in aree perimetrate nei PAI a rischio R3-R4. Le operazioni (progetti) beneficiarie dei finanziamenti sono state selezionate adottando i criteri di cui al D.P.C.M. 28.05.2015, che nell’allegato A “Individuazione dei criteri e delle modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico” ha fissato parametri e regole da seguire al fine di far acquisire, a ciascun progetto, punteggio da cui generare graduatorie per la definizione dei futuri programmi di finanziamento. L’importo destinato a ogni singolo intervento servirà a coprire tutte quelle spese necessarie affinché si giunga ad avere un progetto esecutivo e dunque cantierabile, previa acquisizione dei pareri e/o nullaosta comunque denominati necessari, che verranno ovviamente acquisiti all’atto del finanziamento delle opere progettate. Se lo si guarda in termini di dotare la Regione di un parco progetti “cantierabili” sicuramente si tratta di un aspetto positivo, ma una riflessione è d’obbligo.
Ritengo che le opere progettate dovranno essere finanziate in termini molto rapidi, altrimenti le progettazioni possono diventare obsolete e, dunque, determinare la necessità, all’atto del finanziamento dell’opere, di adeguamenti progettuali e non solo, determinando, in considerazione della dinamicità dei territori (leggasi il verificarsi di eventi estremi che in quest’ultimi anni hanno colpito la Regione), la necessità di incrementare anche, notevolmente, i fondi necessari alla realizzazione delle opere. La riflessione nasce in considerazione del fatto che i circa 7 M€ destinati alla progettazione equivalgono a qualcosa, in termini di opere, pari a circa 137 M€; ovviamente se non si vuole vanificare quanto realizzato, i fondi devono essere reperiti in tempi estremamente rapidi.
Gli altri fondi di cui si parla discendono dal DPCM 20.02.2019 che ha adottato il Piano Nazionale per la Mitigazione del Rischio Idrogeologico, il Ripristino e la Tutela della Risorsa Ambientale. In particolare, l’articolo 2, comma 2, del medesimo D.P.C.M. stabilisce la predisposizione di piani Stralcio 2019, in deroga al D.P.C.M. 28/05/2015 (di cui detto sopra); per tali scopi viene prevista una dotazione finanziaria complessiva per il 2019 pari ad oltre 320 M€, somma ridefinita dal MATTM in circa 315 M€, somma approvata con Deliberazione CIPE n. 35/2019.
Alla Regione Abruzzo in ragione dei parametri di riparto statuiti con D.P.C.M. 5 dicembre 2016 sono stati destinati i fondi di cui si parla. In ragione della ridotta tempistica a disposizione, la Regione ha optato per scegliere gli interventi da finanziare ricorrendo al Sistema Rendis-WEB, nonostante la paventata deroga indicata nel DPCM, selezionando quegli interventi che presentavano un livello Progettuale Definitivo o Esecutivo che avrebbero, il condizionale è d’obbligo, potuto garantire l’avvio degli stessi nei termini previsti dai DPCM. I fondi del Piano Stralcio 2019 sono dunque destinati a “mitigare”, questo secondo me è il termine corretto, le condizioni di rischio conclamate in alcuni Comuni della Regione Abruzzo (14 Comuni) trattandosi talvolta di interventi a completamento di opere già realizzate e/o in corso di realizzazione in modo da garantire la piena funzionalità delle stesse.
Non esiste infine un progetto globale di messa in sicurezza dell’intero territorio regionale, sarebbe impossibile e soprattutto non sostenibile finanziariamente, esiste però il sistema Rendis-WEB che funge da riferimento per avere una conoscenza di massima sulle esigenze dei singoli Comuni Abruzzesi, è ad oggi l’unico, e per alcuni versi utile, strumento con il quale è possibile fare una fotografia sempre aggiornata delle esigenze Regionali.
Vorrei aggiungere infine che ai sensi dell’art. 1, commi 1028 e 1029 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, (legge di bilancio 2019) per i territori ove vige uno “Stato di Emergenza” a seguito di eventi calamitosi eccezionali, e in particolare per la Regione Abruzzo con riferimento alla OCDPC 441/2017 (eventi metereologici e sisma della seconda decade gennaio 2017), con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 2019 sono state assegnate risorse finanziare in favore della Regione Abruzzo per complessivi € 202.891.933,61, ripartite in tre annualità (anno 2019 per € 65.428.287,26, anno 2020 per € 70.231.823.17, anno 2021 per € 70.231.823,17), destinate al finanziamento per interventi urgenti finalizzati alla tempestiva realizzazione di investimenti strutturali ed infrastrutturali nonché all’aumento del livello di resilienza delle strutture e infrastrutture colpite. La Regione Abruzzo ha predisposto il Piano degli investimenti relativamente alla prima annualità del finanziamento di € 65.428.287,26. Sono 69 i Comuni interessati dal finanziamento relativamente all’annualità 2019. Tutti i Comuni beneficiari hanno appaltato le opere entro il 30 settembre u.s.
L’Abruzzo è anche una Regione a elevato rischio sismico (seconda solo alla Calabria) con ben il 33% del territorio classificato in zona sismica 1, cioè quella con più elevato livello di pericolosità (*). Molti i violenti terremoti che nei secoli si sono susseguiti. Il più recente quello del 2016/2017: le quattro forti scosse del gennaio 2017 provocarono, oltre alla distruzione che segue ogni sisma, anche l’ulteriore tragedia della valanga di Rigopiano.
L’Abruzzo è caratterizzato da un’alta pericolosità sismica e con valori di esposizione legati alla popolazione e ai centri abitati, molto diversi a causa della particolare conformazione orografica che caratterizza il nostro territorio regionale. La zona sismica 1 è concentrata nell’entroterra con una minore percentuale di abitanti (19%) e di edifici residenziali (28%), ma perlopiù vetusti e concentrati nei bellissimi e fragilissimi centri storici. Mentre la zona costiera, seppur caratterizzata da una bassa sismicità (zona sismica 3), è maggiormente esposta al rischio per l’alta percentuale di popolazione residente (48%) e attività economiche presenti, con gran parte del tessuto edilizio edificato senza alcuna regola antisismica. Come è ben noto, l’Abruzzo è stato colpito da molti terremoti nella storia passata e anche recente, purtroppo l’alta pericolosità che contraddistingue le aree interne, ci avverte che tali zone sono state e saranno anche in futuro sede di forti scuotimenti, senza dirci però quando e come questi avverranno, pertanto, l’unica arma in nostro possesso è la prevenzione. A seguito del sisma che ha colpito l’aquilano nel 2009, lo Stato ha avviato un programma pluriennale (2010/2016) di mitigazione del rischio sismico su tutto il territorio nazionale individuando le azioni prioritarie da attuare e disponendo di risorse che, seppur ingenti, rappresentano “una goccia nel mare” rispetto al fabbisogno reale. In Abruzzo dal 2010 ad oggi, grazie a questi fondi, siamo riusciti a finanziare interventi antisismici su n. 51 edifici “strategici”, ovvero quegli edifici che in caso di emergenza devono essere operativi per organizzare la macchina del soccorso, con una spesa distribuita sul territorio di circa 48 Ml di euro. Altri 10 Ml di euro sono stati destinati ad interventi sull’edilizia privata nei Comuni di Avezzano e Sulmona, i comuni più a rischio della Regione. Ma il fabbisogno è ancora enorme e questo ci fa capire come sia oltremodo necessario e urgente attuare programmi di interventi strutturali in modo continuativo e non sporadico, per dare avvio a un processo virtuoso che possa portare al miglioramento/adeguamento di tutti gli edifici pubblici sia “strategici” che “rilevanti” (le scuole ad esempio), operazione che richiederà ovviamente decenni e ingenti risorse.
Fragilità quindi che si sommano ad altre fragilità, rischi interconnessi fra loro, terremoti e valanghe, maltempo e frane sismo-indotte (come le tante che, fra l’altro, si verificarono anche in seguito al terremoto de L’Aquila). Lei è stato Coordinatore del Centro Operativo Regionale per la gestione dell’emergenza sismica 2016/2017: al di là degli interventi strutturali per la ricostruzione, cosa è stato fatto in termini di interventi di prevenzione non strutturale? Con quali obiettivi e quali risultati?
Già con il programma nazionale citato prima (art. 11 DL 39/2009) la Regione Abruzzo ha dotato tutti i 305 Comuni degli studi di microzonazione sismica di 1° livello (MS1). L’unica Regione in Italia a coprire interamente la quota di cofinanziamento a carico dei Comuni e ad estendere lo studio anche ai Comuni a bassa sismicità non finanziabili con i fondi statali. Inoltre, con propria LR 28/2011, è stato imposto il recepimento degli studi negli strumenti urbanistici comunali (PRG) affinché possano essere confrontate e valutate le scelte operate nelle previsioni di piano con le nuove informazioni desunte dallo studio di MS1. Lo studio, infatti, individua le aree a comportamento sismico omogeno delle aree urbanizzate e da urbanizzare, perimetrando il territorio in zone stabili, zone amplificabili e zone di attenzione perché soggette a diversi tipi di instabilità (frane, faglie attive e capaci, frane di crollo sismo indotte, liquefazione, cavità sotterranee,). Grazie allo studio svolto dai Comuni, sotto la continua supervisione e con il supporto della Regione, gli amministratori locali sono ora più consapevoli dei rischi presenti sul proprio territorio e possono operare scelte di pianificazione più oculate rispetto al passato. Con il sisma del Centro Italia del 2016, sulla scia dell’ottima esperienza svolta l’indomani del sisma del 2009, il Commissario per la Ricostruzione ha finanziato e realizzato studi di microzonazione sismica di 3° livello (MS3) su tutti i Comuni dell’area epicentrale (23 per l’Abruzzo) per approfondire i fenomeni di amplificazione locale che hanno prodotto i maggiori danni nelle costruzioni in tali Comuni. È stata, inoltre, adottata una precisa disciplina d’uso nelle zone di attenzione per faglie attive e capaci, per liquefazione e per frane di crollo sismo indotte, che indirizza l’attività di ricostruzione post sisma nell’ottica di minimizzare il rischio e ottimizzare l’uso delle risorse pubbliche. Per quanto attiene la pianificazione di protezione civile, oltre alla costante attività di sollecito e supporto tecnico offerto dal Centro Funzionale d’Abruzzo ai Comuni per l’aggiornamento dei propri piani di emergenza comunali, nel 2017 è stata avviato e finanziato un programma di analisi della Condizione Limite per l’Emergenza (CLE) che permetterà di analizzare, in caso di evento sismico severo, l’efficienza dei piani comunali, individuare e correggere le criticità per migliorare la risposta operativa nella primissima fase emergenziale. Infine, tra le attività di prevenzione non strutturale non può mancare la formazione e l’informazione che sono un tassello fondamentale per la diffusione della cultura di Protezione Civile; la Regione programma, progetta e realizza interventi di formazione in materia rivolti a volontari di protezione civile, amministratori e tecnici locali nonché agli ordini professionali. Con la campagna nazionale “Io non rischio” la conoscenza dei rischi territoriali e delle soglie di pericolo per i vari rischi, sono periodicamente divulgati nelle piazze per sensibilizzare la popolazione su cosa fare in caso di pericolo e su come agevolare i soccorsi durante una calamità.
(*elaborazione Cresa su dati Protezione Civile)
a cura di Patrizia Calzolari
Torna all'indice delle notizie