• Intervista a Francesco Baruffi: riqualificazione del fiume Piave e coinvolgimento dei cittadini
    CAE MAGAZINE n.35 - Ottobre 2019
    Intervista a Francesco Baruffi: riqualificazione del fiume Piave e coinvolgimento dei cittadini

Intervista a Francesco Baruffi: riqualificazione del fiume Piave e coinvolgimento dei cittadini

Intervista a Francesco Baruffi: riqualificazione del fiume Piave e coinvolgimento dei cittadini

Analizzare la situazione ambientale del tratto terminale del fiume Piave, valutare nel più ampio modo possibile gli aspetti morfologici, individuare la sua reale capacità di portata, sono gli importanti elementi conoscitivi per individuare le soluzioni più idonee a porre in sicurezza gli ambiti territoriali interessati dalle acque del fiume. È questo il progetto presentato a inizio mese dall’Autorità distrettuale delle Alpi Orientali e dall'assessore all'Ambiente della Regione Veneto Giampaolo Bottaccin. A poco meno di un anno dalla tempesta Vaia, che ha colpito duramente diverse zone della Regione - incluse quelle lungo l'asse di un “fiume complesso come il Piave, che fino ad ora non ha mai subito interventi di riqualificazione” - risulta importante costruire un percorso inclusivo, attraverso il quale rendere partecipi i cittadini delle attività e azioni che il progetto di riqualificazione fluviale intende raggiungere. 

Ne abbiamo parlato con l'ingegner Francesco Baruffi, segretario generale dell'Autorità distrettuale delle Alpi Orientali, che ha tracciato il quadro delle attività, che tra brevissimo tempo avranno inizio, per manutenere il tratto terminale del fiume Piave riqualificandolo nel rispetto della sua tutela ambientale. Ne abbiamo parlato a Ponte di Piave passeggiando in una delle golene simbolo delle incredibili divagazioni del fiume. 

«La misura del PGRA (Piano di Gestione del Rischio di Alluvione) che verrà azionata punta a dare – attraverso precise valutazioni numeriche – una risposta concreta su quale possa essere la reale capacità di portata massima del tratto terminale del fiume Piave che è oggi testata intorno a 2100-2500 mc/s», spiega Baruffi.

«Il Piave è un corso d'acqua complesso: è dotato di una notevole pendenza e le sue acque scorrono su un potente letto di ghiaie, divagando e generando delle ampie varici fluviali come le grave di Ciano e le grave di Papadopoli. Una volta completato il suo percorso nell’alta pianura, il Piave risente morfologicamente della brusca riduzione di pendenza che fa assumere una configurazione monocursale con formazione di ampi meandri fino alla foce. In questo percorso finale sono presenti argini di notevole dimensione, ove storicamente si sono manifestati i più significativi e ricorrenti fenomeni alluvionali. E’ molto importante assicurare la manutenzione di questa parte del fiume, in quanto deve essere in grado di convogliare al mare la massima portata possibile con elevati margini di sicurezza».

Di cosa si tratta esattamente?

«Il primo passo è la conoscenza, come abbiamo detto, della geometria del fiume e del territorio, poi la valutazione della reale capacità di portata di questo tratto terminale.  Qui la tecnologia ci può aiutare molto attraverso l’uso di strumentazioni e di misure di portata. È fondamentale avviare piani di mitigazione del rischio alluvioni, nonché prepararsi in caso di possibili esondazioni, che causerebbero danni al territorio, alla sua economia e soprattutto pericolo per l'incolumità dei cittadini. Il nostro obiettivo è quello di ridurre al massimo il cosiddetto “rischio residuo”, cioè quella condizione di pericolo che si potrebbe verificare in caso di fallanza delle opere idrauliche da valutare per la salvaguardia della pubblica utilità. Non esiste infatti il “rischio zero”. È importante che anche la popolazione sappia come comportarsi, perché questo aumenta il suo grado di tutela. L'educazione al rischio riveste un ruolo considerevole per comprendere criticamente le situazioni che si possono presentare e per difendersi preventivamente nel modo migliore. I cittadini non saranno quindi solo i destinatari di questo progetto, ma anche i protagonisti, attraverso uno scambio paritetico di informazioni che partirà dalle scuole e coinvolgerà progressivamente i vari strati della popolazione». 

Per questo il progetto si chiama "Io, tu, noi: il Piave: conoscerlo, viverlo, curarlo”?

«Sì, perché mira anche a diffondere presso le popolazioni limitrofe all'asse fluviale una migliore consapevolezza in tema ambientale e di sicurezza del fiume. Il progetto coinvolgerà le scuole con attività che si realizzeranno presso gli istituti e sul campo. L’obiettivo è quello di preparare un insieme di cittadini che possano contribuire ad acquisire dati e notizie utili per assumere le migliori decisioni. E’ la cosiddetta citizen science: un nuovo approccio di monitoraggio ambientale e alla raccolta dei dati di interesse attraverso il coinvolgimento volontario della popolazione».

È anche quanto stabilito dalla direttiva europea 2007/60/CE?

«La direttiva parla della necessità di difendere le popolazioni dal rischio alluvioni, ma chiede anche di imparare a convivere con questi fenomeni. Perché va ribadito: il rischio zero non esiste. Il nostro lavoro va proprio in questa direzione: trovare un giusto equilibrio tra protezione, prevenzione e preparazione. E credo che sia anche per questo che l'Europa guarda con grande attenzione a cosa sta facendo la Regione Veneto sul fronte della comunicazione e informazione.

L'Unione Europea ha molto apprezzato le misure di coinvolgimento dei cittadini previste dal PRGA che stiamo ora azionando. Tanto da utilizzarle quale esempio o modello da seguire anche negli altri stati membri».

 

A cura di Laura Polverari



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