• Intervista a Meuccio Berselli: “La pianificazione è la chiave per la gestione del distretto del Po”
    CAE MAGAZINE n.32 - Giugno 2019
    Intervista a Meuccio Berselli: “La pianificazione è la chiave per la gestione del distretto del Po”

Intervista a Meuccio Berselli: “La pianificazione è la chiave per la gestione del distretto del Po”

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A margine del convegno su "Il sistema di allertamento nazionale: competenze e tecnologie per la mitigazione dei rischi naturali", organizzato il 28 marzo da CAE a Bologna, Meuccio Berselli, Segretario Generale Autorità Distrettuale del Fiume Po, ha parlato delle criticità e dei rischi dell’area del Po – un territorio molto vasto e ricco, che ha bisogno di un’attenta pianificazione.

Come è possibile gestire un’area vasta e particolareggiata come quella del Po?

Non si può gestire una realtà complessa come quella del distretto del Po senza avere delle informazioni approfondite: perché non si può pensare di operare senza una buona pianificazione, e una buona pianificazione dipende innanzitutto dalla qualità e dalla precisione delle informazioni. La qualità di queste conoscenze è determinate dal livello della strumentazione che riusciamo a mettere in campo. Le tipologie delle conoscenze necessarie sono molte: parliamo della conoscenza dei dati, riguardanti ad esempio i livelli o le portate. Sono poi fondamentali le informazioni date dai pluviometri, dagli idrometri e da tutti quegli strumenti che ci possono servire per pianificare una corretta gestione dell’acqua. Le nostre conoscenze devono essere molto approfondite, perché oggi nel bacino del Po siamo in circa venti milioni di abitanti, e raggiungiamo circa il 40% del PIL nazionale. Questi sono numeri altissimi, che esercitano una pressione fortissima sul territorio – con tutto ciò che ne consegue a livello di responsabilità e di attenzione alla qualità del corpo idrico. Per questo motivo la sicurezza va gestita con grande anticipo, con una grande preparazione della pianificazione. Questo ci consente di sapere poi nel tempo reale come comportarsi e come muoversi, per fornire al Dipartimento di Protezione Civile degli scenari precisi sui problemi ricorrenti, quali la scarsità idrica, la troppa acqua.

Quali sono gli strumenti utilizzati?

Oggi lavoriamo molto con i big data, quindi nella pianificazione del piano di assetto idrogeologico gli strumenti fondamentali sono quelli che possono fornirci questo tipo di dati: i nivometri, i pluviometri, i misuratori di portata. Tutta quella grande infrastruttura elettronica che ci consente di avere una piattaforma di dati da poter gestire, conoscere e mettere in campo immediatamente.
Nella pianificazione, siccome lavoriamo nel tempo differito, stiamo poi tentando di approfondire la conoscenza del fiume con delle campagne di monitoraggio dell’interasta fluviale, migliorando anche le ortofoto e i DTM.

Quali sono le aree con i rischi più evidenti?

Di 20 milioni di abitanti, sono più di 4 milioni quelli soggetti a un rischio idraulico molto serio. Nel bacino del Po ci sono alcune aree delicate. Sono il delta, la parte di Cremona e Piacenza, e la parte di Mantova. In queste zone abbiamo un’arginatura che non ha raggiunto i livelli di SIMP82 e che quindi va portata in quota. L’obiettivo del lavoro che dobbiamo compiere in questo caso è trovate le risorse affinché si possa portare una resilienza maggiore ai territori difesi dagli argini maestri. Argini maestri che sono lunghi in tutto, nel Po, 1.100 km, e che sono importantissimi per tutelare e difendere gli abitanti.

Per esempio alle nostre coste mancano i sedimenti, e ogni anno c’è il problema del ripascimento delle coste e del trasporto solido del fiume. Bisogna poi evitare l’intrusione del cuneo salino, che in questi giorni è già a 11 km.

Un altro strumento di tutela anche se meno conosciuto è quello dei contratti di fiume. Può spiegarci in poche parole di che cosa si tratta?

Il contratto di fiume è semplicemente uno strumento di partecipazione. Le comunità, che hanno pari dignità, si confrontano tutte insieme nel contratto di fiume e rilevano le criticità di un bacino. In base alle criticità rilevate, le comunità costituiscono degli investimenti per mitigare il rischio idrogeologico di un territorio. Questo tipo di lavoro collettivo funziona con maggior dovizia proprio nei Comuni meno strutturati, con minori capacità di investimenti, proprio perché il contratto di fiume lega e integra tutti i territori.


a cura di Giovanni Peparello


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