• Le grandi dighe italiane: una risorsa per il territorio
    CAE MAGAZINE n.31 - Maggio 2019
    Le grandi dighe italiane: una risorsa per il territorio

Le grandi dighe italiane: una risorsa per il territorio

 

L’appuntamento, con pochi precedenti nel nostro Paese per focus specifico e rilievo dei relatori intervenuti, ha spaziato dai temi più tecnici fino a quelli legati all’indirizzo politico o alle questioni amministrative, come quelle legate al Codice degli Appalti.

Gli indirizzi di saluto sono stati affidati dal Prof. Armando Brath, Presidente dell’Associazione Idrotecnica Italiana, a Donato Carlea, Presidente Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, a Edoardo Bianchi, Vice-Presidente di ANCE che ha ospitato l’evento, e ad Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Ingegneri.

Ornella Segnalini, DG della Direzione Dighe del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, ha voluto aprire il suo intervento ricordando che “La funzione di convegni come questi è anche quella di aumentare la conoscenza e consapevolezza diffusa sull’importanza di questi manufatti, diminuendone la paura diffusa”. Per questo ha speso qualche minuto per citare il ruolo fondamentale e positivo che hanno le grandi dighe sulla vita di tutti i giorni dei cittadini, oltre a quello dimostrato durante gli eventi estremi che hanno colpito diverse Regioni italiane a fine ottobre 2018. Successivamente il Direttore ha toccato alcuni dei temi aperti che riguardano queste opere strategiche del nostro Paese.

Le 532 dighe con vigilanza statale, cosiddette grandi dighe, hanno un’età media di oltre 60 anni e alcune hanno ormai compiuto il secolo di vita. Eppure molte non sono ancora operative al 100% perché non collaudate in modo definitivo, con tutte le inefficienze che questo comporta.

I numeri di questo fenomeno e gli approfondimenti tecnici li hanno poi presentati l’ing. Angelica Catalano e Ing. Vincenzo Chieppa della stessa Direzione Dighe.

Al momento 379 grandi dighe sono in esercizio normale, mentre le altre hanno un funzionamento sottoposto a condizioni che ne limitano l’esercizio. Ben 80 di quelle che funzionano in modo condizionato sono ancora in status di “invasi sperimentali” perché non sono mai state collaudate in modo definitivo.

Nel 2016, ricordano i Dirigenti, è nato il “Piano di messa in sicurezza delle grandi dighe” con focus su quelle in concessione a soggetti pubblici. Con la rivisitazione del piano, avvenuta nel 2018 con risorse assegnate per l’80% al sud e 20% alle altre regioni, sono previsti e finanziati oltre 130 interventi. La progettazione definitiva è già stata fatta per soli 4 interventi, mentre molte altre progettazioni sono fortunatamente in via di assegnazione tramite gara.

È l’ingegner Catalano a evidenziare l’importanza di questi interventi e il fatto che questo “Piano dighe” sia un’occasione irrinunciabile per il nostro Paese, riportando alcuni casi di interventi di manutenzione straordinaria di successo. Anche grazie a questa rassegna di interventi, è apparsa chiara l’importanza di disporre di strumentazione di controllo, per portare avanti un attento monitoraggio e alimentare adeguati modelli.

L’ingegner Chieppa ha sottolineato, numeri alla mano, che dal 1960 in poi il gap fra dighe costruite e dighe collaudate è cresciuto molto. In alcuni casi vi sono motivi tecnici oggettivi, con problematiche non considerate in fase di progettazione o realizzazione ed emerse durante la finalizzazione dell’opera. In altri casi il collaudo non è arrivato per l’utilizzo anticipato delle risorse o l’inserimento delle stesse nei piani di gestione delle piene che, per gli invasi a regime pluriennale, ne impediscono il raggiungimento e il mantenimento dei livelli di riempimento necessari a ultimare il collaudo. A tutto questo si aggiungono problemi legati alla complessità delle procedure sia amministrative sia di finanziamento delle attività propedeutiche al collaudo. Ormai alcuni invasi sembra che siano sono diventati troppo vecchi per superare le prove dei collaudi stessi.

L’intervento del Prof. Armando Brath è stato centrato sulle tecniche di laminazione delle piene e sul ruolo delle grandi dighe per questa importante attività di mitigazione del rischio idrogeologico. Dopo alcune nozioni di idraulica che hanno avvalorato la centralità delle grandi dighe nelle gestione degli eventi estremi, la relazione ha citato alcuni numeri che costituiscono anche un monito: sono passati 15 anni da quando il DPCM del 2004, detto “Berlusconi”, ha sancito il ruolo delle grandi dighe nei piani di laminazione delle piene, tuttavia per sole 37 delle 532 opere in oggetto (escluse le casse di espansione dedicate esclusivamente alla laminazione) è attualmente in vigore un programma statico con limitazioni di esercizio. Oltretutto emerge che queste limitazioni, funzionali proprio all’impiego nella laminazione delle piene, in gran parte non sono scaturite da piani di laminazione specifici, provenendo invece da altri specifici atti o problematiche.

Come da programma hanno portato il loro contributo alla discussione anche i segretari dei Distretti Idrografici, numerosi Professori Associati ed Ordinari delle più prestigiose facoltà italiane, AIPO, personalità politiche e di Governo impegnate sul fronte dell’ambiente, nonché rappresentanti apicali di ENEL GreenPower ed EDISON ENERGIA, che sono gestori di numerosi invasi.

Con particolare riguardo al tema della gestione delle piene e della mitigazione del rischio idrogeologico sono intervenuti il Capo Dipartimento della Protezione Civile Nazionale, Angelo Borrelli, e il Direttore Ufficio III, Dipartimento della stessa Protezione Civile, Italo Giulivo.

Sono stati questi ultimi a ricordare che il sistema di allertamento nazionale oggi conta 500 operatori in 20 centri funzionali, 5.200 stazioni di monitoraggio e 23 radar operativi in h24, sette giorni su sette, tutto l’anno. Particolarmente interessante la descrizione in dettaglio del funzionamento del sistema di allertamento, che è arrivata a descrivere il nuovo standard dei codici colore, il significato dei diversi livelli di allerta e le fasi operative sul territorio. Si tratta di un vero e proprio sistema federato, che coinvolge anche i Comuni e i cittadini, con tutte le relative pratiche di autoprotezione.

Angelo Borrelli e Italo Giulivo hanno evidenziato poi che oggi uno dei punti più deboli della catena è “l’ultimo miglio”, ovvero il raggiungimento dei cittadini nelle zone di allerta e la loro corretta messa in pratica delle misure di autoprotezione. Per questo hanno annunciato il progetto IT-Alert: un sistema di broadcasting che sfrutterà le celle telefoniche per individuare e raggiungere tutti i soggetti interessati dalle allerte durante le emergenze.

L’intervento ha poi sottolineato il ritardo nella redazione dei Piani di Emergenza Diga, che sono strettamente legati alla funzionalità dei Piani di Laminazione e che rischiano di essere approvati con grande ritardo anche per frequenti dissidi fra i diversi portatori di interesse. Un’ultima nota, ha riguardato la collaborazione fra Protezione Civile e soggetti gestori: proprio questi, a partire dal 2014, devono mettere a disposizione i dati in tempo reale, in merito ai livelli, agli afflussi e ai deflussi.

Fra gli interventi conclusivi anche quello di Danilo Toninelli, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha ribadito la volontà del Governo di procedere in modo celere alla cantierizzazione delle attività di manutenzione straordinaria previste. Qualora questo evidenziasse una inattività ingiustificata di qualche gestore in questo senso, il Ministro ha annunciato di essere al lavoro per attuare un “commissariamento de facto” delle opere e la gestione dei cantieri attraverso società in-house del Ministero: un messaggio chiaro che risponde all’urgenza di affrontare temi strategici come quelli discussi al Convegno.

Chiudiamo quindi con l’augurio che l’enorme potenziale delle grandi dighe italiane possa essere sfruttato presto al 100%. Questo potenziale non riguarda solo produzione di energia idroelettrica, fra le più ecosostenibili in assoluto, ma anche la costituzione di una riserva critica per l’agricoltura e per l’approvvigionamento di risorsa potabile, oltre che la costituzione di uno strumento indispensabile per la gestione delle piene. Per i tanti risvolti positivi che queste opere hanno sulla vita dei cittadini, abbiamo voluto raccontarvi il Convegno del 6 maggio scorso; per questo speriamo che siano finalmente realizzati in breve tempo gli interventi di manutenzione straordinaria necessari, siano completati i collaudi rimasti in sospeso, siano elaborati ed approvati nuovi piani di laminazione delle piene ed i Piani di Emergenza Dighe ancora incompiuti.


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