• Neve, valanghe, fascino e rischio del “manto bianco”: intervista a Igor Chiambretti, responsabile tecnico di Aineva
    CAE MAGAZINE n.20 - Febbraio 2018
    Neve, valanghe, fascino e rischio del “manto bianco”: intervista a Igor Chiambretti, responsabile tecnico di Aineva

Neve, valanghe, fascino e rischio del “manto bianco”: intervista a Igor Chiambretti, responsabile tecnico di Aineva

Neve, valanghe, fascino e rischio del “manto bianco”: intervista a Igor Chiambretti, responsabile tecnico di Aineva

Sui campi e sulle strade, silenziosa e lieve, volteggiando la neve
cade.

Danza la falda bianca nell'ampio ciel scherzosa, poi sul terren si posa
stanca.

In mille immote forme, sui tetti e sui camini, sui cippi e sui giardini
dorme.

Tutto d'intorno è pace; chiuso in oblio profondo, indifferente il mondo
tace. 
(Ada Negri)

 

Diciamoci la verità, la neve racchiude in sé un irresistibile fascino evocativo, anche quando cade in città, anche quando blocca il traffico, anche quando nevica fuori stagione.  La neve è amata da bambini e poeti, e quando nevica il paesaggio assume ovunque contorni nuovi che non possono lasciare indifferenti. Ma la neve è pur sempre un fenomeno meteorologico, oggetto continuo di studi e approfondimenti, sia come indicatore di evoluzioni climatiche sia per i rischi ad esso correlati.

L’AINEVA - Associazione interregionale di coordinamento e documentazione per i problemi inerenti alla neve e alle valanghe - è l’associazione delle Regioni e Province autonome dell’arco alpino italiano che ha come finalità il coordinamento delle iniziative svolte dagli enti aderenti in materia di prevenzione ed informazione nel settore della neve e delle valanghe. Aderiscono ad AINEVA le Regioni Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Marche e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Obiettivi primari sono lo scambio e la divulgazione di informazioni, l’adozione di metodologie comuni di raccolta di dati, la sperimentazione di strumenti ed attrezzature, la diffusione di pubblicazioni, la formazione e l’aggiornamento di tecnici del settore e la diffusione dei bollettini nivometeorologici (i cosiddetti bollettini valanghe).

Le Regioni e Province autonome dell’arco alpino hanno, per legge, il compito di prevenire i pericoli derivanti dalle valanghe sul territorio montano, compito che viene assolto principalmente con l’emissione di un bollettino nivometeorologico. Nel corso degli anni si è avvertita l’esigenza di coordinare il lavoro degli organi che si occupano della previsione di questo tipo di rischio: a tal fine venne fondata, nel 1983, l’AINEVA (Associazione Interregionale Neve e Valanghe), con sede a Trento, il cui compito è quello di coordinare il lavoro dei centri regionali e provinciali che se ne occupano, pur mantenendo gli stessi la propria autonomia operativa.

Per saperne di più, ci siamo rivolti a Igor Chiambretti, geologo e responsabile tecnico di Aineva:

Dott. Chiambretti, innanzitutto, cos’è la neve?

La neve può essere considerata sotto diversi aspetti: un elemento decorativo che ingentilisce il paesaggio nel periodo invernale  e che ha ispirato poeti, pittori e noi tutti sin da bambini; un materiale con cui giocare e divertirsi praticando sport invernali all’aria aperta; una preziosa riserva di acqua che dona vita, ristoro ed energia agli esseri viventi, all’uomo ed alle sue attività anche nelle zone di pianura; un tesoro atteso da quelle comunità che vivono di turismo invernale sulle nostre montagne; un fastidio per cittadini e automobilisti quando reca intralcio alla viabilità e disservizi alle utenze primarie (luce, telefono); una minaccia mortale quando la neve da origine alle valanghe. Per noi nivologi, la neve è acqua allo stato solido che si origina in atmosfera e si accumula al suolo, precipitazione dopo precipitazione, sotto forma di manto nevoso. Un manto che nel corso della stagione invernale si andrà trasformando continuamente per effetto di complessi processi fisici e che è nostro compito studiare, monitorare e prevedere a beneficio di tutta la comunità.

Quindi oltre ad essere uno spettacolo sempre affascinante, qual è la “funzione” della neve, sia come fenomeno meteo-climatico sia come ripercussioni sulla vita quotidiana? Penso ad esempio al detto “sotto la neve il pane”…

Come abbiamo già accennato la neve è prima di tutto una preziosa riserva di acqua che possiamo sfruttare nei mesi più aridi per bere, irrigare le coltivazioni ed allevare il bestiame o per produrre energia idroelettrica. Tale risorsa diventerà nel prossimo futuro sempre più strategica e vitale per le popolazioni dell’intero bacino del Mediterraneo e dell’Europa in base alla recente evoluzione del clima (qualunque ne sia l’origine). Diventerà quindi prioritario migliorare ulteriormente la qualità delle nostre previsioni e la capacità di stimare, correttamente, i quantitativi di neve accumulata al suolo permettendoci di meglio governare l’uso della sostanza più preziosa al mondo: l’acqua ed in special modo quella potabile.

Le precipitazioni nevose nel nostro Paese, per effetto dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale, sono mutate sia come intensità e quantità di neve caduta, sia come periodo stagionale in cui avvengono. Nevica meno spesso, ma quando nevica i livelli accumulati raggiungono livelli a volta eccezionali. Può darci un’idea di come si siano modificate le nevicate in Italia negli ultimi 50 anni?

Gli effetti indotti dalla variabilità climatica su un territorio orograficamente complesso come le Alpi e gli Appennini sono ancora scarsamente compresi e lo studio delle precipitazioni solide in ottica climatologica è un compito arduo e molto complesso, specie in un Paese come l’Italia che investe poco in ricerca e sviluppo, sia per le disomogeneità delle banche dati sull’intero territorio nazionale (specie in area appenninica) sia per la relativa scarsità di serie storiche di osservazioni lunghe ed omogenee (sono poche le banche dati omogenee che superano i 30 anni di osservazioni). Tuttavia, in questi ultimi anni stiamo assistendo ad eventi anomali quali un significativo rialzo delle temperature dell’aria (nei valori medi, minimi e massimi) e nella circolazione atmosferica sinottica che provocano una variazione nell’intensità, tipologia e nella distribuzione areale, altimetrica e temporale delle nevicate  con possibili effetti diretti (tutti ancora da indagare ed accertare nei dettagli) sulla reologia, frequenza e distanza di arresto degli eventi valanghivi (tipologia, magnitudo). Effetti indiretti che si riverberano anche sulla durata e distribuzione areale della copertura nevosa stagionale (che si è via via ridotta come durata ma che presenta ancora forti variazioni da stagione a stagione negli spessori). Cambiamenti maggiormente registrati ed avvertibili nella fascia altimetrica compresa tra gli 800 ed i 2000 metri di quota ma evidenti anche alle alte quote. Se gli scenari climatologici verranno confermati, tutto il territorio montano risentirà in maniera notevole di questa evoluzione e l’ambiente ed il tessuto socio-economico potranno andare incontro a grosse difficoltà.

Il fascino della neve ha però, come contraltare, il rischio che ne può derivare, soprattutto in particolari ambienti e condizioni antropiche. Parliamo di valanghe e slavine. Qual è la differenza fra questi due fenomeni? Come si formano? E quanto spesso l’uomo è “responsabile” del loro formarsi?

In ambito scientifico preferiamo utilizzare unicamente il termine valanga per riferirci al movimento, più o meno rapido, di una massa di neve lungo un pendio evitando di utilizzare il vocabolo slavina. Entrambi i termini attuali “valanga” e “slavina” sono di origine latina con contaminazioni pre- e post-latine da altre lingue confinanti. Nei testi antichi si ritrovano i termini “labinae” o “lavanchiae”. Il termine “lavanchiae” è di probabile origine ligure (da “lave” che significa scorrere di fango o lava). La successiva contaminazione con il termine franco “aval” (che significa “verso valle, all’ingiù”) produsse l’attuale vocabolo “avalanche”, usato in inglese e francese, da cui deriva il termine italiano “valanga”. L’altro vocabolo latino “labinae” deriva da “labi” (che significa “slittare, scivolare giù”). L’intercambiabilità delle lettere b, v e u originò da “labinae” molti termini locali in diverse regioni alpine e nelle lingue germanofone come “lauie”, “lavina”, “lauina” ed il termine tedesco “lawine” da cui deriva, infine, il termine italiano “slavina”. Una valanga si forma quando, per cause spontanee o provocate, il manto nevoso non riesce a rimanere in equilibrio su un pendio ripido (>30°) e perde, più o meno rapidamente, la propria coesione disgregandosi e dando avvio al movimento di una massa di neve che a quel punto è libera di scorrere verso valle, incanalata o meno, con velocità assai variabili. Le valanghe spontanee avvengono per l’evoluzione naturale del manto nevoso (es. accumuli eccessivi di neve fresca o trasportata dal vento; aumento di temperature; pioggia su neve; forte soleggiamento o la concomitanza di alcuni di questi eventi). Le valanghe provocate possono avvenire solo se una forza esterna (naturale o artificiale) sollecita, oltre misura, il manto nevoso destabilizzandolo e portandolo a frattura e distacco. Le valanghe possono venire provocate naturalmente dalla caduta di una cornice di neve, di un seracco glaciale o di un masso, oppure da un sisma od una eruzione vulcanica. Il distacco artificiale può avvenire a causa del passaggio o caduta di uno sciatore o di un escursionista, per il passaggio di un mezzo (motoslitta o battipista) o per mezzo di esplosivi. La causa diretta del distacco, nel 95% degli incidenti in valanga, è riconducibile alla vittima stessa, ai suoi compagni o a terzi presenti in loco.

Come si valuta il pericolo valanghe? E il rischio?

In primis occorre fare chiarezza sui termini che vengono spesso confusi: pericolo e rischio valanghe. Il pericolo valanghe è il grado d’instabilità potenziale del manto nevoso, indipendentemente dalla presenza dell’uomo, che definisce il grado di pericolosità di una certa area in funzione della tipologia, della quantità e della frequenza delle valanghe che vi si possono innescare. Ossia è la probabilità che si verifichino valanghe in una determinata area in un intervallo di tempo assegnato.

La valanga, se andrà ad interagire con l’uomo o con i beni/infrastrutture esposte, potrà cagionare un danno (conseguenze) che potrà variare da pressoché nullo alla perdita totale.

Il rischio valanghe sarà quindi la probabilità che una valanga si verifichi incidendo sull’ambiente fisico in modo tale da recare danno all’uomo ed alle sue attività.

La valutazione del pericolo valanghe e del rischio eventualmente connesso richiedono un attento e quotidiano monitoraggio del territorio, la raccolta e l’analisi minuziosa di una gran numero di dati (misure od osservazioni) e la loro elaborazione tenendo conto dei processi fisici in atto e della loro futura evoluzione nello spazio e nel tempo. Un’attività tutt’altro che semplice e che non può essere svolta unicamente a tavolino o mediante computer. Un buon previsore valanghe deve anche essere un buon sci alpinista e deve conoscere e frequentare assiduamente le montagne per poter svolgere al meglio il proprio lavoro. 

Quali sono gli strumenti oggi disponibili per il monitoraggio delle valanghe? 

Tutti i servizi di previsione valanghe italiani, così come quelli europei e nord americani, sono dotati di una rete di rilevamento dati, più o meno fitta, che integra sia le stazioni nivo-meteorologiche automatiche sia i rilievi /osservazioni manuali effettuati quotidianamente in campi fissi o lungo itinerari sci-alpinistici appositamente selezionati e ritenuti particolarmente rappresentativi per il territorio in esame. Sono anche utilizzati i modelli meteorologici e quelli nivologici e molti uffici stanno iniziando ad utilizzare dati telerilevati da satellite per la produzione di mappe sull’innevamento o per il monitoraggio areale di alcuni parametri quali la temperatura superficiale del manto nevoso o la presenza di diverse tipologie di neve in superficie (es. neve fresca, croste, etc.).

Individuata e valutata l’eventualità che possa verificarsi un fenomeno valanghivo, si passa alla fase più importante che è quella della prevenzione tramite una dettagliata e puntuale informazione sul rischio atteso:

Per poter prevenire le valanghe (sia spontanee sia provocate) e gli incidenti connessi è fondamentale conoscere in anticipo quale scenario di pericolo andrà a realizzarsi onde avere il tempo di mettere in atto le misure più efficaci volte ad evitare il pericolo o a contenere il danno / ridurre il rischio (qualora non sia evitabile). La corretta e tempestiva comunicazione del pericolo è quindi un elemento cardine di tutte le politiche di prevenzione attuabili sul tema. È però fondamentale che l’utenza abbia la volontà d’informarsi e mantenersi informata nonché di possedere quel minimo bagaglio di nozioni utile a valutare, a scala locale, il proprio grado di esposizione al rischio. Per finalità di Protezione Civile esistono, infine, specifici canali e mezzi di comunicazione (bollettini e avvisi di allerta) volti ad attivare, tempestivamente, le strutture deputate al monitoraggio territoriale ed alla gestione dell’emergenza. 

Come va letto un bollettino nivometeorologico? A chi si rivolge principalmente?

Il bollettino nivometeorologico andrebbe letto, sempre, nella sua interezza anche se, al giorno d’oggi, esso è strutturato per livelli di approfondimento diversi e progressivi (seguendo lo schema della piramide informativa). Al primo livello le informazioni sono sintetizzate in un testo sintetico (“strillo”) accompagnato da una mappa illustrata mediante un codice colore del grado di pericolo e da apposite icone di sintesi dell’informazione. Il secondo livello propone, in versione testuale estesa e dettagliata, la descrizione degli scenari di pericolo attesi area per area. Il terzo livello riporta dati ed informazioni aggiuntive utili ai professionisti ed agli enti gestori per poter elaborare le proprie valutazioni a scala locale. Sul sito di AINEVA (www.aineva.it) è disponibile un’apposita guida all’interpretazione del bollettino che aiuta l’utente a comprendere i dettagli presenti nel testo del bollettino e la specifica terminologia utilizzata.

Il bollettino valanghe è un prodotto multi-utente e si rivolge sia alle istituzioni (Sindaci, Enti ed Istituzioni pubbliche nel settore della Protezione Civile, Enti gestori di servizi ed infrastrutture) sia ai privati cittadini (imprenditori, professionisti, utenti sportivo-ricreativi). Ha quindi l’arduo compito di comunicare ad utenti caratterizzati da esigenze ed aspettative molto diverse ed anche in possesso di nozioni molto differenziate (a partire dalla percezione del rischio). 

I bollettini valanghe però si differenziano, nella struttura, da Regione a Regione: questo potrebbe dare adito ad errori interpretativi da parte degli utenti… Come mai persistono tali differenze? Perché non vengono resi omogenei su tutto il territorio nazionale?

Le differenze esistono e sono presenti, principalmente, nella veste grafica pur se in termini di contenuti e modalità di produzione tutti i bollettini risultano identici ed aderenti allo standard dei servizi valanghe europei (EAWS). Le differenze discendono da una normativa carente e contradditoria e da politiche ed indirizzi diversi, variabili negli anni, da amministrazione ad amministrazione. Il titolo V della Costituzione assegna le competenze sulla prevenzione, monitoraggio e previsione dei rischi naturali alle Regioni ed alle Province Autonome riservando allo Stato il ruolo di coordinamento ed indirizzo. Molte regioni del centro-sud risultano inadempienti (almeno parzialmente) a tale mandato ed al contempo, leggi nazionali e regionali hanno assegnato una parte di tali compiti anche ad altri Enti/Istituzioni creando duplicati di funzione e potenziali conflitti amministrativi/istituzionali ma sopperendo anche a croniche storture del sistema. Dal 1983, le Regioni e Province Autonome dell’Arco Alpino e la Regione Marche hanno creato AINEVA quale luogo ove definire comuni standard operativi e proprio in questi mesi stiamo sperimentando un applicativo che consentirà una maggiore omogeneità della veste grafica dei bollettini. Il problema è quindi squisitamente politico e richiede molta cura, attenzione e perseveranza d’intenti per essere risolto. Ma la storia di AINEVA insegna che i successi si possono ottenere e sono un esempio a cui guardano anche altri Paesi europei con simili problematiche (Austria, Spagna…)

I bollettini Aineva sono un ensemble dei bollettini diramati dalle regioni aderenti: come avviene il coordinamento del lavoro e dei dati fra gli aderenti e l’emissione del bollettino Aineva?

I previsori valanghe degli uffici regionali/provinciali afferenti ad AINEVA sono in contatto quotidiano e permanente con i colleghi delle regioni limitrofe ed anche delle nazioni confinanti. I dati sono condivisi tra gli uffici di previsione, tramite apposite banche dati, e spesso ci si confronta sugli aspetti previsionali più problematici con veri e propri briefing telefonici o in video-conferenza. Un apposito applicativo, in fase di implementazione e sviluppo, consente poi di scrivere e pubblicare il bollettino sul portale internet dell’Associazione replicando il contenuto, pur sotto una veste grafica istituzionale diversa, anche sui portali internet delle singole amministrazioni.

Parliamo di dati: qual è il trend dei fenomeni valanghivi nel nostro Paese?

Come per molti altri fenomeni naturali (frane, alluvioni, colate detritiche), le valanghe sono soggette a veri e propri cicli (con diversa periodicità sovrapposta) da stagione a stagione e da area ad area. In questi ultimi anni e per quanto riguarda le valanghe spontanee stiamo assistendo ad una periodica recrudescenza dei fenomeni valanghivi di magnitudo elevata ed in grado d’interferire con il territorio antropizzato mercé, forse, un mutamento nella reologia dei fenomeni e nell’aumento di episodi di precipitazione particolarmente intensi ed accompagnati da forti venti. Come abbiamo già avuto modo di accennare si tratta, forse, di un effetto legato ai cambiamenti climatici oltreché legato ad una ciclicità naturale di più lungo periodo. Inoltre, il territorio antropizzato risulta spesso essersi sviluppato, nei decenni e specie in alcuni settori del territorio nazionale, con scarsa attenzione ai livelli di esposizione ai fenomeni naturali e lo sviluppo tecnologico ha paradossalmente acuito la scarsa resilienza del sistema socio-economico. Gli incidenti legati alle valanghe provocate sono un discorso diverso e di stima ed analisi più complessa. È certo che, negli ultimi due decenni, il numero di utenti che praticano attività sportivo-ricreative invernali fuori dagli ambiti gestiti è notevolmente aumentato pur se non si riescono a definire i numeri esatti. Il numero di vittime è rimasto pressoché costante (circa 18-19 vittime/anno in media) anche se abbiamo dovuto constare un aumento del numero d’incidenti e di feriti. Questo ci indica che le politiche di prevenzione e formazione e l’adozione di dispositivi individuali di protezione (ARTVA, sonda, pala, Airbag etc.) hanno dato i loro frutti in termine di riduzione del danno (morte) ma possono poco contro una maggiore propensione al rischio da parte dell’utenza che è fortemente stimolata da fenomeni culturali (marketing, social media che propagandano la cultura del “no-limits” e “be a hero”) e da attrezzature più performanti. Su questo settore c’è ancora molto da fare e non è una sfida affrontabile dai soli servizi di previsione ma deve essere uno sforzo collettivo di tutti i settori coinvolti.

Quanto una corretta e puntuale informazione del rischio può influire, e influisce, sulla prevenzione degli incidenti? Avete riscontri oggettivi in questo senso?

L’informazione è sicuramente, lo ripetiamo, un cardine di ogni politica volta a ridurre e a prevenire gli incidenti. I numeri di accesso ai portali d’informazione e di lettura dei bollettini ce lo confermano eppure scontiamo il paradosso che l’“overconfidence” (confidare troppo in sé stessi) porta alcuni utenti, nel momento della decisione (vado o non vado), ad ignorare volutamente od inconsciamente l’informazione cui pure hanno attinto facendo prevalere l’istinto e la pulsione ad affrontare il rischio (fenomeno noto tra gli addetti ai lavori come “trappole euristiche”). Si tratta di una ristretta minoranza che è difficile da intercettare ed i servizi di previsione valanghe di tutto il mondo s’interrogano, da alcuni anni, su come comunicare con persone che non vogliono essere informate. La strada del proibizionismo non promette (per analogia con quanto già sperimentato su altre problematiche) soluzioni efficaci e l’unica strategia sembra essere quella di evolvere e differenziare la nostra comunicazione anche utilizzando le nuove tecnologie ed i social-media.

Sono trascorsi esattamente 35 anni dalla fondazione di AINEVA: com’è cambiato lo scenario in questo periodo? Quali sono i progetti e gli obiettivi futuri della vostra Associazione?

AINEVA rappresenta un unicum nel panorama degli Enti italiani che in 35 anni ha saputo raggiungere traguardi importanti con risorse umane (4 dipendenti) e budget estremamente ridotti. Risultati conseguiti grazie alla guida avveduta del Comitato Tecnico Direttivo e dell’Assemblea (ove siedono i dirigenti degli uffici associati ed i rappresentanti delle amministrazioni) ed al lavoro dei tecnici previsori di ogni ufficio regionale / provinciale supportati dal responsabile tecnico dell’Associazione. In AINEVA si sono definiti standard e modalità operative condivise, sperimentato attrezzature, sviluppato software per la gestione dei dati, pubblicato articoli scientifici, libri, linee guida e l’Associazione produce l’unica rivista tecnico-scientifica del settore in lingua italiana (recentemente passata al formato digitale). L’AINEVA ha collaborato e collabora, tramite gli uffici afferenti, a diversi progetti di ricerca internazionali e contribuisce, con i servizi valanghe europei, alla definizione degli standard internazionali (es. Scala Europea del Pericolo Valanghe). In 35 anni sono stati formati oltre 2200 tecnici del settore (compresi alcuni stranieri) ed il personale degli uffici, della Protezione Civile e delle Commissioni Locali Valanghe. Da anni AINEVA supporta, quale centro di competenza, il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile nella gestione delle emergenze neve e valanghe (valutazione degli scenari di rischio e previsione / gestione del pericolo valanghe a scala locale e regionale) nonché nella predisposizione di linee guida e normative di riferimento. Contiamo di continuare a percorrere questa strada di successo lavorando per migliorare ed innovare, ulteriormente, il nostro settore di competenza sfruttando i nuovi mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione e le conoscenze tecnico-scientifiche più avanzate.

A cura di Patrizia Calzolari

 

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