• “Fare le cose al meglio, una filosofia che ci ha premiati” Intervista all’Ing. Paolo Bernardi, fondatore CAE
    CAE MAGAZINE n.16 - Speciale 40 anni
    “Fare le cose al meglio, una filosofia che ci ha premiati” Intervista all’Ing. Paolo Bernardi, fondatore CAE

“Fare le cose al meglio, una filosofia che ci ha premiati” Intervista all’Ing. Paolo Bernardi, fondatore CAE

“Fare le cose al meglio, una filosofia che ci ha premiati” Intervista all’Ing. Paolo Bernardi, fondatore CAE

Ing. Bernardi, com'è nata la CAE?

Com’è nata la CAE? E' nata da quattro colleghi, amici, ingegneri poco più che trentenni, tutti ricercatori, anche se io lavoravo per un ente diverso dagli altri tre. Ci accomunava il fatto di essere esperti di telecomunicazioni: Franco (Bertolani), Giancarlo (Pedrini), Luigi (Lo Vecchio), ed io: giovani, capaci, determinati e con una gran voglia di mettersi alla prova. Ed è così che abbiamo deciso di sfidare noi stessi, di fare qualcosa di nostro. Creammo quindi una società e la prima sede legale fu stabilita a casa mia anche se per lavorare avevamo affittato un appartamento a Bologna in via Borghi Mamo.

Ma la domanda era: cosa facciamo? A quei tempi la ricerca “non si vendeva” e noi volevamo mettere a profitto la nostra esperienza. Siamo partiti allora con alcuni progetti che ci hanno dato qualche bella soddisfazione ma non avevamo ancora una connotazione precisa: poi è arrivata la svolta.

Mio padre lavorava al Genio Civile e da ragazzino lo vedevo spesso uscire di notte per andare a controllare lo stato e i livelli delle acque dei fiumi. Da qui l’idea: perché anziché mandare dei tecnici in giro di giorno e di notte a rilevare dati non facciamo piuttosto in modo che i dati arrivino direttamente sulle loro scrivanie?

Un'idea innovativa…

A dire il vero qualche tentativo in quel senso era già stato fatto da altri, ma noi, da ricercatori, capimmo che si doveva e si poteva fare di più, molto di più. Stravolgemmo completamente l'approccio, progettammo e realizzammo i primi prototipi “avveniristici”, utilizzando i microprocessori (quasi sconosciuti a quel tempo quando tutto si basava quasi esclusivamente sulla meccanica). La ricerca applicata fu il nostro punto di forza, ciò che ci differenziava da ogni concorrente o prodotto già sul mercato.

Una partenza alla grande?

Già, ma non abbiamo fatto tutto da soli: un grande aiuto ci venne dall'allora responsabile del Reparto telemisure dell'Ufficio Reno, Geom. Enrico Cerioni, che sapeva davvero tutto sul bacino del Reno e sulle misure idrometriche. Fu lui a spiegarci esattamente cosa gli occorreva per 'fare meglio il suo mestiere' e ci ha guidati nello sviluppo tecnico delle attrezzature per l'idrologia. Il suo supporto fu indubbiamente un grade vantaggio per noi.

Quali sono gli altri punti di forza?

Un altro grande vantaggio ci veniva dal fatto di essere cresciuti nel mondo delle telecomunicazioni, e di avere quindi dimestichezza sia con l'elettronica sia col digitale. Da ultimo, ma non certo per importanza, aver capito quali fossero le esigenze reali dei clienti ci portò a cavalcare l'onda dei sistemi di telemisura: quella fu la pietra miliare che segnò il destino definitivo della nostra azienda e che ci ha condotto fino ai giorni nostri.

Come vi siete organizzati all'inizio?

Ci siamo suddivisi i compiti: i miei tre 'compagni di avventura' erano migliori di me in elettronica mentre io ero il più tagliato per il commerciale: quindi la cosa è venuta da sé, io mi occupavo di software e di clienti, loro della parte elettronica. Partendo da zero, lavoravamo, giocoforza, con le banche: ciononostante non guardavamo il profitto, accettavamo il rischio, che non era poco. Dedicavamo alla nostra impresa tantissimo tempo, giorni interi e notti, sabati e domeniche. Non abbiamo mai risparmiato, seppur diversi fra noi, siamo sempre stati d'accordo su un unico punto fondamentale: la qualità prima di tutto, fare le cose al meglio e mai al risparmio. Una filosofia che ci ha premiati.

Oggi CAE compie 40 anni. Ci sono scelte fatte che oggi non rifarebbe?

Non guardo mai al passato. Guardo sempre avanti. Ma col senno di poi posso dire che no, non ci sono nella nostra storia aziendale, scelte che cambierei. Quel che dovevo fare l'ho fatto, il futuro è in mano ai giovani. I miei figli, Giorgio e Guido, si compensano ottimamente e ormai da qualche anno si stanno assumendo responsabilità importanti nella gestione di CAE: buone premesse per il futuro dell’azienda.

Cosa vede nel futuro di CAE?

Per quanto riguarda l'azienda, vista nell'attuale panorama italiano, sono ottimista per tre motivi: il primo è che siamo i migliori del mercato, il secondo è che continueremo ad esserlo, il terzo è la nostra rete commerciale. Oggi non basta essere i migliori dal punto di vista tecnico, bisogna anche trovare strumenti nuovi per tenersi i clienti e penetrare nuovi mercati, ma con un occhio attento ai costi. Non è più il tempo dell'arrembaggio e anche in questo CAE è cresciuta molto, siamo diventati un'azienda matura che da lavoro a quasi 100 persone.

Inoltre la Pubblica amministrazione avrà sempre maggior bisogno di essere garantita da prodotti validi che assicurino la sicurezza e la salvaguardia delle persone e del territorio. Anche la politica arriverà a capirlo (alcuni già ci stanno arrivando), che l'unica cosa davvero importante per un Paese come il nostro è investire nella prevenzione e nel monitoraggio. E su entrambi questi fronti CAE c'è e continuerà ad esserci.

 

a cura di Patrizia Calzolari

 

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