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Le responsabilità degli enti preposti nella manutenzione delle apparecchiature di monitoraggio

giugno 2020


Nell’ambito del convegno web promosso dalla Fondazione del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, l’Avvocato Maurizio Riverditi, Cassazionista e Professore associato di Diritto Penale presso l'Università degli Studi di Torino, è intervenuto con un contributo dal titolo "Individuazione dei doveri e delle responsabilità incombenti sull'Amministratore pubblico in relazione all'obbligo di manutenzione delle apparecchiature di monitoraggio".

L’Avv. Maurizio Riverditi approfondisce l’argomento prendendo come fonte specifica sulla materia il Codice di Protezione Civile, Decreto Legislativo n.1 del 2 gennaio 2018, che disegna un sistema policentrico, dove le responsabilità sono ripartite secondo il principio di sussidiarietà su base gerarchica agli enti territoriali. L’entità dell’evento definisce se la gestione dello stesso sia imputabile ad amministrazione nazionale, regionale, provinciale o a enti locali come comuni e città metropolitane.  La gestione dell’emergenza però è ciò che si fa quando ormai l’evento calamitoso è in corso e il pericolo è incombente o attuale, mentre esiste tutta una parte di attività, cui il Codice di Protezione Civile attribuisce grande importanza, da compiere per la prevenzione e la previsione e degli eventi. Nel prosieguo di questo articolo ripercorriamo i passi fondamentali della trattazione.

All’articolo 2 del Codice si definisce, tra i principi regolatori del codice stesso, cosa siano prevenzione e previsione. La previsione consiste nell'insieme delle attività, svolte anche con il concorso di soggetti dotati di competenza scientifica, tecnica e amministrativa, dirette all'identificazione e allo studio, anche dinamico, degli scenari di rischio possibili, per le esigenze di allertamento del Servizio nazionale, ove possibile, e di pianificazione di protezione civile. La prevenzione consiste nell'insieme delle attività di natura strutturale e non strutturale, svolte anche in forma integrata, dirette a evitare o a ridurre la possibilità che si verifichino danni conseguenti a eventi calamitosi anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività di previsione. Lo stesso articolo 2 aggiunge poi che sono attività di prevenzione non strutturale di protezione civile quelle concernenti l'allertamento del Servizio nazionale, articolato in attività di preannuncio in termini probabilistici, ove possibile, e sulla base delle conoscenze disponibili di monitoraggio e di sorveglianza in tempo reale degli eventi e della conseguente evoluzione degli scenari di rischio. E’ chiaro che il legislatore pensa a un’attività sistematica di previsione, non a un’attività occasionale, tanto che si arriva a dedicare un articolo del Codice al Sistema di Allertamento Nazionale, dove viene nuovamente chiarito che la prevenzione non può esistere se non vi è un costante monitoraggio.

L’articolo 17 si sofferma nella descrizione del sistema di allertamento nazionale e definisce che il governo e la gestione del sistema di allerta sono assicurati dal Dipartimento della Protezione Civile, dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano, che ne garantiscono il funzionamento e l’attività utilizzando le reti strumentali di monitoraggio e sorveglianza.

Poiché si parla di un sistema organizzato e non occasionale, si possono individuare specifici obblighi che attengono a tre momenti organizzativi e gestionali diversi: l’implementazione di strumentazione selezionata perché sia adeguata allo scopo di monitoraggio, previsione e quindi prevenzione; la costante valutazione di idoneità delle strumentazioni, perché sia sempre rispondente alle migliori conoscenze del momento; la manutenzione dello stato di continuo buon funzionamento.

Individuati questi obblighi, l’intervento dell’Avv. Riverditi affronta il secondo tema: esiste la possibilità che sussistano responsabilità penali legate alla manutenzione di queste strumentazioni? Per dare una risposta a questa domanda un passaggio chiave è quello che si ritrova all’articolo 40 del codice penale, che al secondo comma stabilisce che non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.

La trattazione ci delinea quindi una risposta: sussiste la responsabilità, potenzialmente penale, del soggetto che si sottrae all’adempimento di un obbligo come il mantenimento in buono stato funzionale delle apparecchiature di monitoraggio. Sono in qualche modo prefigurabili reati di natura colposa come quello di disastro colposo, oppure omicidi e lesioni colposi, nella misura in cui tali eventi siano collegabili con nesso causale all’omissione della posizione ricoperta.

In chiusura di intervento, l’Avv. Riverditi ha voluto citare un sentenza della Corte di Cassazione particolarmente significativa per capire il senso di quanto trattato. E’ il caso di una macchina incubatrice che, per ragioni economiche, è stata sottoposta a regime di manutenzione a chiamata, rinunciando ad un servizio calendarizzato e costante in precedenza attivo. La Corte, verificatosi un incidente purtroppo mortale imputabile al malfunzionamento della macchina in questione, ha ritenuto responsabile per mala gestione colui che avrebbe potuto scegliere un altro tipo di contratto, più adeguato e sicuro, e ha preferito una soluzione economicamente conveniente, ma fallimentare.


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